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La felicità spaziale dei russi (nonostante Putin)

Russia Europa

I graffi di Damato

Decisamente in controtendenza rispetto agli umori della generalità dei giornali, i russi oggi non mi hanno rovinato la giornata. Neppure quelli, pensate un po’, che sono corsi non ricordo neppure più bene in quanti e in quale stadio appositamente allestito da Putin per farsi applaudire nella festa della vecchia acquisizione della Crimea e nel proposito di completare quella sua “operazione speciale” per denazificare e non so co cos’altro l’Ucraina sottoposta intanto a bombardamenti quotidiani, nelle pause e nelle tante trattative di cui si si scrive per concordare una tregua o addirittura chiudere la guerra cominciata il 24 febbraio.

Non cado questa volta, chiedendo in anticipo le scuse ai lettori che si sentiranno probabilmente spiazzati, nella tentazione di condividere il “Putin all’ultimo stadio” stampato in rosso dal Foglio e in bianco del manifesto, commentandone appunto l’esibizione oratoria e folcloristica, o “l’adunata di guerra” contestatagli da Repubblica.

I russi che mi sono oggi piaciuti, poco importa se a questo punto in esecuzione o in dissidenza dall’immancabile ordine del loro capo supremo, sono quei tre astronauti debitamente attrezzati recatisi a piedi nella stazione di lancio, da dove un razzo, partito di notte una vota tanto non per sventrare qualche palazzo o teatro ucraino a qualche centinaia di metri o di chilometri di distanza, ma per portarli in orbita attorno alla terra e raggiungere la stazione spaziale universale che gira attorno al globo da più di vent’anni, diventata ormai un grandissimo laboratorio scientifico, più ancora che militare, al servizio dell’uomo.

Nei primi giorni della guerra in Ucraina, quando a Mosca diedero a torto o a ragione l’impressione di non essere più interessati alla prosecuzione di questa costosissima e benemerita operazione scientifica condivisa fra americani, canadesi, europei e giapponesi, salvo emissioni di cui mi scuso in anticipo, l’unico giornale che lanciò l’allarme fu quello della Confindustria italiana, con un titolo e una foto di copertina a colori che mi colpì moltissimo, e mi indusse a tristi considerazioni sulla piega che aveva già preso quell’insensata guerra aperta da Putin in una delle notti da lui stesso ammesse di trasfigurazione in Pietro il Grande.

Ora che la partenza della navicella russa per il ricambio di equipaggio e mezzi è avvenuta e gli obiettivi sono stati pienamente realizzati, nonostante l’aumento dei costi intervenuto, e una bella immagina venuta dallo spazio ha documentato l’abbraccio fra il primo astronauta russo calatosi nell’abitacolo e l’astronauta americana da rimpiazzare, il giornale della Confindustria italiana chissà perché ha mancato o bucato la notizia, almeno in prima pagina. Ancora peggio sarebbe averla destinata solo a una pagina interna. Sono i misteri del giornalismo, come quelli delle fede declamati dal sacerdote dopo l’eucarestia.

Datemi o tornatemi pure a dare dell’ingenuo, dello scemunito, dell’immeritevole dell’assistenza del servizio sanitario nazionale per allontanare ancora un po’ il momento della mia motivatissima morte, ma quella notizia del ricambio appena compiuto nella stazione spaziale universale e della confermata collaborazione fra gli Stati o le agenzie che se ne occupano io la trova non una ma cento volte più consolante e significativa di tutte quelle che ci vengono propinate ogni giorno sugli sviluppi della guerra in Ucraina, sulle trattative sopra e sotto la terra che si stanno sviluppando non ricordo più in quante parti del mondo, alle quali altre si offrono quotidianamente, e sugli spettacoli programmati con sapienza teatrale -sia detto senza offesa per l’interessato, non trattandosi del nostro Beppe Grillo- dal presidente dell’Ucraina Zelensky in collegamento con i vari Parlamenti del mondo, compreso quello italiano. Che gli riserverà martedì -assicurano gli addetti ai lavori- un’accoglienza coi fiocchi. E’ già importante d’altronde che il collegamento non sia stato predisposto di lunedì, quando le presenze nelle aule parlamentari sono generalmente da sedute spiritiche, qualsiasi argomento il presidente di turno dell’assemblea abbia deciso di mettere all’ordine del giorno.

Scherzi a parte, un’umanità disposta a collaborare in pace nello spazio e incapace di chiudere un conflitto su un qualsiasi pezzo della terra in cui le tocca vivere sarebbe solo un’umanità scellerata, a questo punto non importa neppure sapere per colpa o colpa maggiore di chi. Tutti stupidamente scellerati.

TUTTI I GRAFFI DI FRANCESCO DAMATO

 

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