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La politica italiana al tempo del Coronavirus

Coronavirus

I Graffi di Damato sulla politica in mascherina, non da Carnevale, interrotto dalla paura, ma da Coronavirus

La politica in mascherina, non da Carnevale, interrotto dalla paura, ma da Coronavirus, si sottrae anche ai posti di blocco presidiati da Carabinieri con mitra e mascherina, pure loro, e corre sui giornali come impazzita, in una gara a chi la spara più grossa per stendere l’avversario di turno. Che sul versante più vivace della destra  è rimasto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, asserragliatosi nel fortino della Protezione Civile, e a sinistra è ridiventato Matteo Salvini, procuratosi dello “sciacallo” dal solito Fatto Quotidiano di Marco Travaglio per avere  deciso di cavalcare anche lo sbarco del Coronavirus in Italia, come un carico qualsiasi di migranti, e chiesto al governo di “lasciare”.

LA POLITICA ALLE PRESE CON IL CORONAVIRUS

Nella sua foga e voglia di mettere Conte quanto meno nell’angolo, il leader della Lega ha anche rifiutato sprezzantemente, secondo alcune ricostruzioni di stampa, di rispondere alle richieste telefoniche di aiuto o consultazione del presidente del Consiglio, diversamente da quanto invece ha fatto, rispondendo sempre e puntualmente, l’altro Matteo, cioè Renzi. Che si era già messo spontaneamente in “quarantena” all’annuncio del primo morto in Italia per questo maledetto virus che ha interrotto o devastato la Via della Seta — ricordate? — imboccata dal precedente governo gialloverde. Renzi, tuttavia, non è riuscito a trattenere il pur fedele Roberto Giachetti, che facendo un po’ di confusione fra i due Mattei ha seguito stavolta quello sbagliato, secondo lo schema di gioco per squadra, gridando a Conte di non saper fare il presidente del Consiglio.

Se la situazione non fosse dannatamente seria, visto anche che siamo pur sempre alla vigilia di quello che almeno una volta era il martedì grasso, cioè l’ultimo giorno di Carnevale, si potrebbe anche ridere davanti alla rincorsa fra la politica in mascherina e i giornali che le sono corsi dietro, e persino scavalcata col “coprifuoco” gridato dal Giornale della famiglia Berlusconi, gli “incapaci al governo” della Verità di Maurizio Belpietro e il “Conte inetto, Paese infetto” di Libero, emulo dell’Espresso che nel 1955 gridava “Capitale corrotta, Nazione infetta”, per via della speculazione edilizia a Roma.

In questa rincorsa sulla strada non so se più del ridicolo o del drammatico la cosa forse più sensata sul terreno della politica, degli schieramenti e delle prospettive di un governo che, francamente, non stava poi così bene neppure prima che fosse investito dal Coronavirus;  la cosa più sensata, dicevo, l’ha forse avvertita l’eterno democristiano Gianfranco Rotondi. Che dall’interno di Forza Italia, strappando non so se davvero o per finta da Silvio Berlusconi, prontissimo anche lui, come Renzi, a rispondere alle telefonate di Conte in questa contingenza sanitaria, si era dato da fare nelle scorse settimane per organizzare pattuglie di “responsabili”, pronti a salvare in Parlamento il governo dall’assalto del senatore di Scandicci e leader di Italia Viva. “Siamo responsabili ma non fessi”, ha dichiarato Rotondi fermando ogni operazione di soccorso ad un ferito già salvato, a suo modo, proprio dal Coronavirus all’insegna della solita emergenza, già avvertita e annunciata peraltro dallo stesso Conte sul terreno economico. Altri, magari, preferiscono chiamarla ipocrisia, opportunismo, paura, vigliaccheria e quant’altro.

 

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