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La quaresima del governo Conte

5 Stelle

I graffi di Damato sulla tenuta del governo Conte all’indomani delle elezioni europee di fine maggio e il nodo Tav ancora da sciogliere

Finita, almeno formalmente, l’allegra stagione del Carnevale e riposte maschere, coriandoli e quant’altro nei cassetti, o cassonetti, anche il governo dovrebbe sentirsi da oggi in Quaresima. Dopo la quale verrà la Resurrezione, disse una volta con feroce sarcasmo Amintore Fanfani da una tribuna congressuale della Dc licenziando dalla segreteria del partito il suo ormai ex pupillo Arnaldo Forlani. Se mai Fanfani ebbe davvero un pupillo nella sua lunga esperienza politica.

COME LA “RESURREZIONE” POLITICA DI FORLANI

In effetti Forlani, toltasi la soddisfazione da quella stessa tribuna, nel 1973, di accomiatarsi da Fanfani con una disquisizione sulla natura trasformistica del diavolo, riuscì poi a risorgere: prima come ministro della Difesa negli ultimi due governi di Aldo Moro, poi come ministro degli Esteri di Giulio Andreotti negli anni della cosiddetta solidarietà nazionale, poi come presidente del Consiglio passando successivamente la mano a Giovanni Spadolini, poi ancora come vice presidente del Consiglio di Bettino Craxi e presidente della Dc, infine come segretario, nuovamente, del partito tentando da quella postazione, non ho mai capito con quanta voglia e convinzione davvero, di scalare il Quirinale nella primavera del 1992. Gli toccò invece di lasciare a Mino Martinazzoli l’infelice, direi anzi drammatico compito di chiudere la Dc “con un telegramma”, come avrebbe scherzato Umberto Bossi. Che aveva intanto cominciato a raccogliere come leader della Lega l’elettorato democristiano nelle valli della sua Padania.

ANCHE PER GIUSEPPE CONTE?

Giuseppe Conte non so francamente se e quante possibilità abbia di garantirsi una resurrezione politica dopo la crisi generalmente prevista all’indomani delle elezioni europee di fine maggio, quando diventerà un po’ preistorica la prevalenza del movimento delle cinque stelle sulla Lega di Matteo Salvini uscita dalle urne del 4 marzo dell’anno scorso. E non vi potrà più essere ragionevolmente compromesso capace di rinviare ulteriormente l’appuntamento appunto di una crisi.

TAV, “ROSPO DA MANDARE GIÙ”

In compenso, il presidente del Consiglio è in condizioni, in questo inizio di Quaresima, di realizzare il sogno dei vignettisti -a cominciare da quello del Corriere della Sera– che gli attribuiscono la capacità di fare ingoiare qualche altro rospo ancora sia ai grillini sia ai leghisti per non rompere il contratto gialloverde già adesso sulla controversa questione della Tav. O del Tav, al maschile, come il pericolante ministro pentastellato delle Infrasttutture, Danilo Toninelli, chiama non la linea ferroviaria ma il treno ad alta velocità per il trasporto delle merci da Lione a Torino, e viceversa.

Inchiodato da un anno il problema sulla croce dei costi e dei benefici dell’opera, senza peraltro fissare bene in anticipo i criteri con i quali calcolare gli uni e gli altri, per cui ciascuno ha continuato a sparare le sue cifre a salve, Conte sta forse facendo fare ai tecnici di Palazzo Chigi e dintorni in queste ore, con tutti gli indici economici in tale discesa da un bel po’ di mesi a questa parte da trovarsi in recessione, il conto di una crisi di governo in tempi così ravvicinati. E potrebbe essere forse proprio questo costo, economico e politico insieme, a fare trovare ai contendenti un nuovo espediente di uscita, con la cenere cosparsa sulle teste. Come da rito quaresimale, d’altronde.

 

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