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La versione di Confindustria sull’ex Ilva

Confindustria Ilva

Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, in audizione al Senato illustra la sua ricetta per evitare gli errori degli ultimi dieci anni

Sull’ex Ilva “dopo 10 anni ci ritroviamo a discutere gli stessi temi e con gli stessi strumenti, perché continuiamo a commettere lo stesso errore: inseguiamo soluzioni al problema dell’indotto, che ha contribuito a tenere in piedi lo stabilimento di Taranto, ma non consideriamo che il modo migliore per salvaguardarlo e, con esso, tutelare un pezzo importante dell’economia del Mezzogiorno, è inserirlo in una visione chiara sulla politica industriale e sulla competitività del Paese”. Sul decreto ex-Ilva sono giornate di audizioni alla Commissione Industria del Senato, e a parlare è il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ripetendo anche quanto detto da Confindustria “in Parlamento 9 anni fa”.

BONOMI: “SU ILVA STESSI TEMI E STESSI ERRORI DI 10 ANNI FA”

“In questi giorni ho riletto ciò che rappresentammo in Parlamento 9 anni fa sullo stesso tema”, evidenzia il leader degli industriali in audizione, di fronte alla Commissione Industria del Senato. “Ne cito uno stralcio – dice -, solo per evidenziare che, a distanza di un decennio, la situazione che fronteggiamo oggi è per molti aspetti analoga a quella di allora”.

Ripete quindi le stesse parole di nove anni prima: “Confindustria – si legge in quel testo – predilige da sempre soluzioni di mercato, tuttavia non ha una posizione pregiudizialmente negativa rispetto a forme di intervento pubblico nel controllo e nella gestione di impresa, a condizione però che esse siano: inserite in un quadro chiaro di obiettivi di politica industriale tale da limitare gli interventi a situazioni di effettiva necessità; temporanee e con una precisa prospettiva degli esiti cui devono condurre; finalizzate a creare le condizioni economiche e ambientali tali da garantire il ripristino di una situazione di ‘normalità’, che consenta di restituire in tempi brevi al mercato le imprese interessate”.

CONFINDUSTRIA: “COME 9 ANNI FA, L’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA AVRA’ PESANTI RICADUTE”

Carlo Bonomi quindi prosegue: “Ora come allora, siamo alle porte di un’amministrazione straordinaria, che estromette l’azionista privato dalla gestione e prelude al controllo, da parte dello Stato, di una grande infrastruttura industriale del Paese. Come allora, l’avvio di questa procedura avrà pesanti ricadute sull’indotto dello stabilimento, cioè sui fornitori e sui loro dipendenti. Ora come allora, assistiamo a norme ad hoc, rubricate col riferimento a impianti di interesse strategico, ma in realtà pensate per essere applicate a un unico operatore economico. Ora come allora, constatiamo come il grande assente dal dibattito siano le prospettive della produzione di acciaio in Italia e, in questo contesto, quelle industriali dello stabilimento tarantino, strettamente connesse al suo risanamento ambientale”.

BONOMI: “GOVERNO MELONI HA EREDITATO SITUAZIONE, MA SERVE PIANO POLITICA INDUSTRIALE”

“Diamo atto al Governo di aver ereditato questa situazione – aggiunge il presidente di Confindustria -. Non è la sede per istruire processi a questo o a quel soggetto, forza politica, decisore istituzionale e, comunque, a poco servirebbe, se non a evidenziare qualche utile lezione da quel passato”. Serve oggi “un piano di politica industriale” ed “è il motivo per cui il dibattito non può rimanere ancorato a se attivare e come gestire una procedura concorsuale”.

“L’ACCIAIERIA DI TARANTO E’ ANCORA CRUCIALE”

“Lo stabilimento di Taranto ha un ruolo ancora cruciale”, sottolinea il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, in audizione sul decreto ex Ilva di fronte alla Commissione Industria del Senato. Ne elenca i motivi. “E’ uno dei principali asset produttivi del sistema industriale nazionale, concorre alla creazione di ricchezza e occupazione”. L’acciaio “è insostituibile in una serie di applicazioni comprese quelle fondamentali per lo sviluppo sostenibile”. “Quando si parla di acciaio si parla anche della tenuta di larga parte del tessuto produttivo”. Il leader degli industriali quindi sottolinea: “Si tratta di migliaia di posti di lavoro: acciaio, significa quindi, anche sostenibilità sociale”.

L’alternativa è l’importazione da Paesi Extra-Ue, con tempi lunghi e maggior rischio di volatilità dei prezzi: “È il motivo per cui riteniamo essenziale che Taranto torni a una capacità produttiva importante, com’è stato in passato”, dice Carlo Bonomi, che accenna quindi ad uno degli obiettivi di politica industriale del Governo: “Su questo, lasciatemi fare un inciso sul tema automotive: se davvero l’Italia punta a tornare a produrre 1 milione di veicoli l’anno, poter disporre dell’acciaio di Ilva è un fattore strategico”.

CONFINDUSTRIA: SULL’EX ILVA SERVE UN SI’ CONVINTO POLITICA-GOVERNO”

Confindustria auspica un “sì convinto da parte della politica e da parte del governo su un grande progetto di politica industriale” sull’ex Ilva. Quindi – rileva in audizione in Senato il presidente Carlo Bonomi – “un progetto temporaneo dell’entrata dello Stato nella gestione dell’azienda che sia da ponte per poi transitare a soggetti idonei e competenti per la gestione”. Poi, “ci si dovrà impegnare in maniera molto decisa anche in ambito europeo”, considerando è “stimato che per ogni milione di tonnellata che viene prodotta ci saranno 100 milioni di euro in più di oneri aggiuntivi” dovuti all’introduzione di normative Ue.

“SULL’EX ILVA SERVE PERIMETRARE IL CAMPO DA GIOCO DEI COMMISSARI”

“Noi riteniamo che siano migliorabili ma apprezzabili”, i decreti sull’ex Ilva, dice in audizione in senato il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. “Nel complesso i decreti sono andati nella giusta direzione. Le nostre puntualizzazioni sono proprio per migliorarli e per evitare gli errori che purtroppo abbiamo visto commettere nel passato. E l’esperienza del passato, avverte il leader degli industriali, insegna che è necessario “perimetrare il più possibile l’ambito di intervento dei commissari”.

A lasciarlo “alla discrezionalità dei singoli”, per esempio, “nel 2015 nel momento di definire l’indotto ci fu un grande problema”, così come “abbiamo avuto parecchi interventi magistratura”. “Il campo di gioco deve essere ben definito, più lo definiamo meno avremo problemi, poi, eventualmente di ricorsi, interventi successivi e quant’altro”.

BONOMI: “L’ALTERNATIVA A TARANTO E’ SOLO IMPORTARE ACCIAIO”

La produzione di acciaio a Taranto “ha un ruolo ancora cruciale per l’economia italiana. E’ il motivo per cui è essenziale che Taranto torni ad una capacità produttiva importante come è stato in passato”. Il presidente di Confindustria sottolinea che “è intuitivo capire che, se la produzione di Taranto continuasse a diminuire, col rischio di azzerarsi, l’unica alternativa sarebbero le importazioni.

Tuttavia, l’acciaio primario proveniente da Paesi extra UE ha tempi di consegna molto più lunghi, come quello ordinato dall’Asia che viene consegnato dopo 3-4 mesi, ed è più esposto al rischio di volatilità dei prezzi. Ciò comporta che gli operatori devono fare scorte più ampie, che necessitano di più spazio e incidono in negativo sul capitale circolante. L’acciaio prodotto a Taranto, invece, arriva ai settori industriali italiani in 30-40 giorni e presenta costi maggiormente preventivabili. È il motivo per cui riteniamo essenziale che Taranto torni a una capacità produttiva importante, com’è stato in passato”.

Per sostituire la produzione di acciaio a Taranto bisognerebbe rivolgersi a Paesi come Taiwan, Cina e India e così, se si dovesse verificare la circostanza che ArcelorMittal ceda il passo come azionista di Acciaierie d’Italia – evidenzia infine il leader degli industriali, “sarebbe curioso cacciare gli indiani per poi andare a comprare l’acciaio da loro”.

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