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L’asse del Poker online che unisce l’Europa (e spaventa l’Italia)

Gli operatori internazionali del poker online spingono perché l’Italia entri nel mercato unico con Spagna, Francia e Portogallo. Tutti i “contro” di una scelta discutibile.

Sono tanti gli assi che vanno delineandosi in Europa, in vista delle prossime elezioni, ma non solo. C’è un asse meno visibile ma più solido e duraturo di altri: l’asse del poker online. Un fatto poco conosciuto a chi non è un appassionato è che in Europa esista dal 2017 un “mercato unico” del Poker online tra Spagna, Francia e Portogallo. Si chiama in termini più tecnici “liquidità internazionale condivisa”, ed è nato a Roma nel luglio del 2017.

COS’È LA LIQUIDITÀ CONDIVISA

Fino al 2017, così come in tutto il resto d’Europa, i giocatori di poker online di Spagna, Francia e Portogallo potevano sfidare esclusivamente loro connazionali. Una misura che permetteva ai regolatori ed alle autorità di vigilanza nazionali un maggior controllo sui flussi di denaro (ingenti) ed una forma di tutela anche per i giocatori, che si trovavano a sfidare una platea numericamente più limitata.

Il cambio di rotta ed il grande interesse da parte dei big player internazionali di Poker per la liquidità condivisa, viene da un meccanismo piuttosto semplice da spiegare: i montepremi massimi delle partite di poker online (che cambiano anche a seconda delle varianti del famoso gioco) sono calcolate sulla base del totale dei “versamenti” che un singolo operatore raccoglie. Ovvero del denaro che viene cambiato in fiches virtuali, come avviene per quelle fisiche, da giocare sul più classico tavolo verde.

Se i mercati si uniscono, la base dalla quale partire per calcolare le somme in palio (il payout) cresce, e di conseguenza cresce significativamente anche la posta in gioco. Con il risultato di rendere i tornei più ricchi, più appetibili per i giocatori, e di riflesso, aumentare la raccolta.

Perché la liquidità condivisa piaccia tanto ai big mondiale del poker online lo ha recentemente spiegato bene uno dei principali operatori internazionali, intervenendo al salone del gaming “Ice” di Londra: “più giorni di attività, più giocatori unici ogni trimestre, più depositi netti “.

Insomma, con la liquidità condivisa si gioca di più, più spesso e con puntate maggiori.

E L’ITALIA?

Come accennato, l’accordo che ha dato vita a questo mercato monstre del poker online in Europa è nato in Italia. Per la precisione a Roma, il 6 luglio 2017, con la firma di un protocollo di intesa per il “pool Poker”, da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e i regolatori di Francia, Spagna e Portogallo. Una firma che è stata il risultato di mesi di incontri tesi a superare ostacoli tecnici, regolamentari e burocratici.

A differenza degli altri 3 paesi, l’Italia a quell’accordo non ha dato seguito, ma il pericolo sembra essere tutt’altro che scampato, se come dichiara sempre in occasione dell’ICE di Londra un manager italiano di un player internazionale “Ho parlato personalmente con i politici di tutti gli schieramenti. Nessuno è contro la liquidità condivisa, a loro va bene. Gli effetti delle pressioni negative passate sono spariti”.

LE RAGIONE DELLO STOP ITALIANO

Già nel  2017 furono molte le voci contrarie all’accordo, che consegnerebbe definitivamente il mercato del gioco legale in Italia ai big players internazionali.

Molti brand internazionali del poker online possono contare su platee di giocatori enormi. Questo li metterebbe nelle condizioni di offrire, anche ai giocatori italiani, montepremi difficilmente raggiungibili dagli operatori nazionali, con il risultato di consegnare (anche) questo mercato totalmente in mani (e conti) stranieri. Il tutto mentre gli operatori italiani devono fronteggiare l’aumento del prelievo fiscale, il divieto di pubblicità e la guerra ad essi dichiarata da molti enti locali, che come rileva ACADI, rischia di espellere il gioco legale dal mercato, ingrassando le fila del gioco illegale.

Non solo. Una crisi degli operatori nazionali avrebbe altri due effetti immediati: una prevedibile ricaduta occupazionale, in uno scenario tutt’altro che facile, ed una diminuzione significativa degli investimenti nazionali in cyber security, dal momento che in Italia una buona parte dell’innovazione e della ricerca per la sicurezza delle reti e la protezione dei dati viene proprio dagli operatori nazionali del gioco legale.

PERICOLO SCAMPATO?

I Big player internazionali del Poker Online si dicono entusiasti degli effetti della liquidità internazionale, che ha rivitalizzato il mercato ed aumentato i versamenti netti, e gli operatori più interessati al mercato italiano spingono perché Roma dia seguito alla firma del 2017.

Sempre nel 2017 fu l’Agenzia Dogane e Monopoli, l’ente regolatore responsabile per il tema della liquidità internazionale, a definire una “non priorità”, ed a spiegare come di fatto per l’Italia non esistesse nessun obbligo di adesione.

E oggi? Oggi l’Agenzia non ha una posizione ufficiale sulla liquidità internazionale, ma la posizione ufficiosa è chiara: resta tutto saggiamente congelato, anche perché non sembrano esserci le condizioni politiche per poter attuare una scelta di apertura così spinta. Il contrario di quanto sostenuto dagli operatori internazionali che continuano a spingere per introdurre in Italia la liquidità condivisa perseguendo, in realtà, più gli interessi di casa loro che reali interessi unitari. Resta per gli operatori nazionali un clima di incertezza che di sicuro non aiuta.

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