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Le giravolte a 5Stelle per influenzare l’azione di Governo

Movimento 5Stelle

La politica italiana ruota intorno ad un movimento autoreferenziale (a 5Stelle) che monta e smonta a suo piacimento le proprie regole

Eravamo convinti, poveri ingenui e incolti, di dovere o poter attendere il treno giusto per saltarvi sopra e correre vero la destinazione felice. Sbagliavamo. Dal 2018, con l’elezione delle Camere dove il Movimento 5 Stelle detiene una maggioranza di seggi che ne fa “il baricentro dell’azione di governo”, come si è vantato  Luigi Di Maio in una intervista alla Stampa, ci troviamo a viaggiare tutti, chi stando nella carrozza di testa e chi nella carrozza di coda, chi nella maggioranza e chi all’opposizione, su un treno a destinazione non fisica ma temporale.

Questo treno su cui ci troviamo stipati come in un lockdown, ora anche antivirale, corre sui binari per arrivare non a un posto ma ad una data: la scadenza ordinaria della legislatura nel 2023, passando a velocità più o meno sostenuta per il referendum del 20 settembre confermativo della riduzione dei seggi del prossimo Parlamento, senza compromettere minimamente quelli attuali; le elezioni regionali e comunali che gli sono state abbinate; le elezioni comunali del 2021, riguardanti città come Milano, Torino, Bologna, Roma e Napoli, dal nord al sud; l’elezione del successore di Sergio Mattarella al Quirinale a febbraio del 2022, a Camere naturalmente riunite e composizione invariata, comprensiva cioè -si deve presumere- dell’attuale numero di delegati regionali:  tre per ogni Consiglio, che li elegge “in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze”, salvo la Valle d’Aosta, che deve averne uno solo, come prescrive l’articolo 83 della Costituzione.

Sarà difficile, e persino incostituzionale secondo il buon senso, ridurre questa folta rappresentanza regionale per l’elezione del prossimo presidente della Repubblica a Camere invariate, anche se il successore di Mattarella scadendo nel 2029 è destinato a sopravvivere politicamente di ben sei anni al loro esaurimento, nel 2023, a cavallo di ben tre legislatura: quella attuale, quella successiva e quella che dovrebbe cominciare nel 2028. Già questo dovrebbe bastare ed avanzare per dare e avere l’idea dell’anomalia del nostro calendario politico e della delegittimazione non solo delle Camere ma dell’intero sistema che deriverà dalla conferma referendaria, che appare scontata, della riduzione dei seggi a cominciare dalla prossima edizione del Parlamento.

A tutti noi che viaggiamo su questo curioso treno un po’ impazzito, diciamo la verità, il fondatore, “garante”, elevato e altro ancora del movimento o partito principale del governo dal suo blog personale ci ha mandato questo messaggio: “Dite al treno che io passo solo una volta”. Viene non so se più il capogiro o il voltastomaco, o entrambi insieme, di fronte a questa rappresentazione della politica italiana. Essa ruota intorno ad un movimento autoreferenziale che monta e smonta a suo piacimento le proprie regole col proposito, dichiarato in una lunga lettera-manifesto al Fatto Quotidiano da Di Maio, di “influenzare politicamente tutte le altre forze politiche”. A cominciare naturalmente dal Pd, il cui segretario Nicola Zingaretti si dice non preoccupato ma soddisfatto della “svolta evolutiva” che il Movimento 5 Stelle si sarebbe data con la consultazione digitale interna di disponibilità ad allargare a livello locale l’esperienza nazionale di governo e di stabilizzazione della sua classe presumibilmente dirigente, non più vincolata a soli due mandati elettivi.

Tutti i graffi di Damato. 

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