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Le novità sul caso Palamara

I Graffi di Damato

Sì, lo so bene, anzi benissimo. Da garantista non dovrei scriverlo, e neppure pensarlo. Ma le vicende del Consiglio Superiore della Magistratura e dintorni, che hanno ormai occupato stabilmente le prime pagine dei giornali relegando spesso a spazi minori anche i minacciosi scambi epistolari e verbali fra Bruxelles e Roma sui conti sempre malandati o controversi d’Italia, sono ormai tali che mi chiedo perché non siano ancora scattate le manette ai polsi di qualcuno degli indagati o affini.

LO SPROVVEDUTO PALAMARA

Penso, per esempio, all’ex presidente dell’associazione nazionale dei magistrati ed ex membro dello stesso Consiglio Superiore Luca Palamara, che pure ricordo con una certa simpatia per avere partecipato una volta con lui alla presentazione del libro di un comune amico sulla storia del Giro d’Italia in bicicletta. E che, francamente, non avrei mai immaginato così sprovveduto, a dir poco, da trascorrere una notte in una stanza d’albergo, o qualcosa del genere, non per spogliare una bella donna ma per immaginare, con amici, ex colleghi, parlamentari e quant’altri, di fare indossare a qualche magistrato in carriera una toga più graduata.

NO ALLE MANETTE A LOTTI

Non penso invece all’ex sottosegretario, ex ministro e tuttora parlamentare Luca Lotti in manette sia perché non sarebbe stato per fortuna facile applicargliele ai polsi per quel poco che è ancora rimasto delle immunità parlamentari dopo la riforma dell’articolo 68 della Costituzione, imposta a furor di piazza negli anni di “Tangentopoli” e “Mani pulite”, ma perché ai miei sciagurati e improvvisi malumori giustizialisti basta e avanza l’amico di Matteo Renzi che Vauro Senesi nella vignetta di prima pagina del Fatto Quotidiano ha appeso allo stenditoio del Pd, credo sulla terrazza del Nazareno. Dove Lotti fa compagnia ai suoi indumenti dopo essersi sospeso dal partito volontariamente, diciamo così, forse deludendo qualcuno che ne reclamava le dimissioni direttamente. Che, secondo i malvagi, sarebbero state più opportune per il suo stato di imputato in attesa di giudizio nel tribunale di Roma, col coinvolgimento perciò di una Procura ai cui avvicendamenti di vertice lui s’interessava, magari a sua insaputa, nelle più o meno occasionali partecipazioni a conciliaboli d’hotel.

UNA VICENDA CHE LASCIA L’AMARO IN BOCCA

Diciamo la verità, questa è una vicenda che non può non lasciare l’amaro in bocca, o l’amarissimo con i soliti abusi di pubblicazione di intercettazioni coperte dal segreto istruttorio ed eseguite con quelle diavolerie da troie – pardon, da “trojan”- iniettati con un clic nel telefonino del malcapitato di turno. E ciò forse anche in deroga alle pur larghe maglie consentite dalla legge, secondo i dubbi espressi pubblicamente da Cosimo Ferri: uomo di toga e di politica insieme, quindi da considerarsi assai competente.

DA SAVONA IERI UNA PREZIOSA PRESTAZIONE

Peccato che in questo tramestio di alberghi e palazzi, cui non è stato risparmiato dalle cronache neppure il sacrissimo Quirinale, dove il capo dello Stato trascorre tutto il tempo libero lasciatogli dalle funzioni che la Costituzione gli affida anche di presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, sia per forza di cose sfuggita ai più la preziosa prestazione di governo offerta, in qualche modo fuori ordinanza, dall’ormai ex ministro Paolo Savona. Che in veste di presidente della Consob ha pubblicamente smontato almeno in parte, con voce ferma e giovanile, a dispetto dei suoi 80 anni e più, il castello di carte e di parole montato da tempo a Bruxelles e dintorni contro il debito pubblico italiano, ignorando il grande risparmio privato che in qualche modo lo compensa. E non giustifica, quindi, i giudizi comunitari “prossimi a pregiudizi”, denunciati da Savona.

IL FATTO QUOTIDIANO IGNORA LE SPECULAZIONI FINANZIARIE DEL SIGNOR SPREAD

Quest’ultimo forse non prevedeva di vedersi poi contestare la sua coraggiosa uscita anche da un giornale che pure dovrebbe partecipare, almeno nei giorni pari o dispari, come preferite, alla causa della sopravvivenza dei grillini al governo. “Ma il presidente Consob non dovrebbe pensare alla vigilanza” sulle società che si giocano il loro presente e avvenire nelle Borse?, ha chiesto in un titolo sopra la testata il severissimo Fatto Quotidiano: sempre lui. Che evidentemente ignora tutte le speculazioni finanziarie che il signor Spread, ormai noto anche ai fiorai ambulanti, conduce da tempo cavalcando il discredito che fanno del debito pubblico italiano gli Stati e le banche concorrenti, in Europa e altrove.

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