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proprietà media italiani EOM 2022

Le proprietà dei media italiani sono complesse e poco trasparenti

Secondo il report di Euromedia Ownership Monitor, “i principali rischi per la trasparenza nel paese sono rappresentati da complesse catene di proprietà, dalla mancanza di dati all’interno dei rapporti finanziari e da un intricato sistema di finanziamento che spesso non è trasparente per i cittadini”

“Il sistema italiano di proprietà dei media è piuttosto complesso. Una tendenza consolidata che è emersa dall’analisi dei rapporti finanziari delle società di media selezionate è la struttura proprietaria della “scatola cinese” (Treccani, 2012), in cui una holding controlla più società – e, in definitiva, i loro sbocchi – attraverso una catena di sub-holding. Il proprietario finale è quindi autorizzato a controllare lo sbocco attraverso la sua società in cima alla piramide della proprietà, piuttosto che possedere la maggior parte delle sue azioni, considerando che l’azionista di maggioranza è colui che possiede più del 50% del capitale sociale. Un tale sistema rende più difficile riconoscere quale persona fisica o giuridica possiede lo sbocco”.

L’analisi è dell’Euromedia Ownership Monitor, che in una scala di rischio da 0 a 3 (rischio molto alto > basso rischio) posiziona il nostro Paese su un punteggio di 1.66/3. Dunque, tra “high risk” e “moderate risk”.

Tutti i dettagli.

MANCA TRASPARENZA SULLE PROPRIETA’

“Le informazioni sulla composizione della redazione degli sbocchi esaminati spesso mancano dalle relazioni finanziarie. In effetti, tali dati sono solitamente presentati come aggregati e non suddivisi in specifici mezzi di comunicazione o funzioni specifiche all’interno dello stesso punto di comunicazione”, scrive il rapporto di EOM citando gli esempi della Rai. “I dati relativi al numero di giornalisti impiegati sono disponibili per Rai S.p.a. ma non per i singoli punti vendita Rai1, Rai2 e Rai3“.

Secondo il monitoraggio, poi, a mancare nelle relazioni finanziarie sono “i tipi di sovvenzioni pubbliche”. Non le sovvenzioni dirette, si specifica, bensì “le fonti di finanziamento indirette. Ad esempio, le aziende devono dichiarare le fonti di reddito generate dalla pubblicità istituzionale (fondi di pubblicazione per la pubblicità) all’Autorità nazionale di regolamentazione (AgCom), ma – come mostrerà in dettaglio la sezione quadro giuridico – l’NRA non rende questi dati disponibili e pubblici”.

IL CROLLO DEI FINANZIAMENTI PUBBLICI

“Nonostante la tendenza al calo dei finanziamenti pubblici nell’ultimo decennio, con le sue gravi conseguenze per il settore editoriale, il rapporto 2021 del Dipartimento dell’Informazione e dell’Editoria – aggiunge l’Euromedia Ownership Monitor – afferma che in Italia le cifre per i sussidi pubblici sono salite da 517,6 milioni di euro a 366,6 milioni di euro, con un aumento del 120%”.

Confrontando questi numeri con quelli continentali si apprende che la tendenza agli aumenti è stata generale: “in Italia, nel 2021, i sussidi pubblici diretti hanno rappresentato 88 milioni di euro (contro i 180 milioni di euro del 2011), i finanziamenti indiretti ammontavano a 64,5 milioni di euro e gli sgravi fiscali hanno rappresentato 233 milioni di euro (Paganessi, 2022)”.

TUTTI I RISCHI PER LA TRASPARENZA DEI MEDIA

La complessità delle catene di proprietà, la scarsità dei dati nei rapporti finanziari – aggiunge il rapporto – “portano a una difficile tracciabilità delle informazioni e da un intricato sistema di finanziamento che spesso non è trasparente per i cittadini”.

A pesare sono una serie di elementi: 1)”la vicinanza di editori e proprietari a partiti politici e gruppi di interesse”; gli interessi economici nei settori extra-editoriali.

Gli esempi sono numerosi per entrambe le situazioni. Nella prima, il gruppo Mediaset-Fininvest e i legami berlusconiani con Forza Italia sono chiari. Ma c’è anche il caso di Avvenire con la CEI e Il Sole 24 Ore con Confindustria. Nella seconda dimensione i casi top sono quelli di Corriere della Sera-Rcs e GEDI rispettivamente legati alla famiglia Cairo e Elkann, proprietarie anche di Torino e Juventus ma anche di altre industrie come Cairo Editore, Exor, Welltec.

COME VANNO GLI ALTRI PAESI

Come sottolinea il rapporto, ripreso anche da Professione Reporter, “i Paesi che invece registrano le condizioni più favorevoli per la trasparenza dei media risultano Austria e Svezia, seguiti da Danimarca e Germania. Fanalini di coda l’Ungheria e la Repubblica Ceca”. La media europea registra un punteggio di 1.86 su 3.

 

IL RAPPORTO INTEGRALE E’ QUI

 

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