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Le tensioni nel governo Conte
I Graffi di Damato su tutte le polemiche nel governo Conte tra i partiti di maggioranza
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che da qualche giorno su Repubblica Massimo Giannini chiama ironicamente “sor Contento”, non ha naturalmente alcuna intenzione, come ha spiegato in una intervista al Corriere della Sera, di trangugiare la pastiglietta di cianuro che ha trovato nell’uovo di Pasqua. Sono quanto meno tossiche infatti le polemiche fra i due Conte e i partiti di governo, salite di tono e di rischi di crisi per la vicenda giudiziaria del sottosegretario leghista Armando Siri e per quella che potrebbe scoppiare fra i tacchi della sindaca grillina Virginia Raggi proprio mentre la signora attende l’aiuto promessogli dal suo partito per sanare in qualche modo i debiti di Roma.
SALVINI PRONTO A DARE CONTRO L’AMMINISTRAZIONE RAGGI
Di questo aiuto all’amministrazione capitolina a cinque stelle, su cui il governo dovrebbe decidere la settimana prossima includendolo nel decreto legge sulla cosiddetta crescita, il vice presidente leghista del Consiglio Matteo Salvini non è per niente convinto, specie dopo che suo omologo grillino Luigi Di Maio ha preteso le dimissioni di Siri, già privato delle deleghe dal suo ministro pentastellato delle Infrastrutture Danilo Toninelli, perché indagato per sospetta corruzione dalla Procura di Roma a favore di un’azienda eolica siciliana forse riferibile al capo latitante della mafia Matteo Messina Denaro: azienda sostenuta da Paolo Arata, già parlamentare berlusconiano, poi entrato nel giro leghista come esperto di energia.
ASSUNZIONI DUBBIE A PALAZZO CHIGI
Non ha certamente contribuito a ridurre i sospetti e le pressioni grilline contro il sottosegretario Siri la notizia sopraggiunta di un figlio di Arata, Federico, assunto al dipartimento economico di Palazzo Chigi dal sottosegretario leghista alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti. Cui Di Maio, intervistato da Repubblica, ha annunciato di volere chiedere personalmente chiarimenti alla presenza di Salvini, che lo ha però preceduto spiegando di fidarsi pienamente di Giorgetti e parlando del figlio di Arata come di “un ragazzo in gamba, onesto e lavoratore”.
UNA CORRUZIONE TUTTA DA PROVARE
D’altronde, gli eventuali rapporti di Arata padre col titolare dell’azienda eolica siciliana Vito Nicastri, sospettato di essere un prestanome del capomafia Denaro, sono apparsi agli inquirenti di tale incertezza, anche nella conoscenza del sottosegretario leghista Siri, che a quest’ultimo è stato contestato solo un reato di corruzione, non di mafia. E di una corruzione tutta da provare per i 30 mila euro allusivamente lamentati in una intercettazione di Paolo Arata come costo di una modifica tentata peraltro inutilmente alla legge di bilancio del 2018 per estendere alle società analoghe a quella di Nicastri agevolazioni fiscali per le energie alternative.
DELICATA ANCHE LA POSIZIONE DELLA RAGGI
Sul versante capitolino la posizione della Raggi è talmente delicata politicamente che la capogruppo grillina alla regione Lazio, Roberta Lombardi, mai tenera in verità con la sua collega di partito, ha avvertito che in caso di iscrizione al registro degli indagati la sindaca potrebbe essere costretta a dimettersi. L’accusa sarebbe di avere imposto la bocciatura del bilancio dell’Ama e deposto gli amministratori aggravando la crisi dell’azienda comunale e della raccolta -si fa per dire- dei rifiuti in una città fra le ormai più sporche d’Italia: sino alla “merda”, si è lasciata scappare la stessa sindaca parlando con l’ex presidente dell’Ama prima di rimuoverlo.
EPPURE CONTE CONTINUA A SPARGERE OTTIMISMO
Intervistato dal Corriere della Sera, come si diceva all’inizio, il presidente del Consiglio ha continuato a spargere ottimismo sulle prospettive del governo mandando a dire al suo vice presidente leghista Salvini di “aspettare” quanto meno la prossima legislatura se davvero avesse ambizione di succedergli a Palazzo Chigi. Dove lui si è intanto impegnato a sentire il sottosegretario della Lega rimasto al Ministero delle Infrastrutture senza deleghe per valutane la posizione, senza farsi condizionare -ha detto – dal giustizialismo, dal garantismo e da altri ismi. Il che per un giurista e avvocato suona un po’ strano perché il garantismo inteso come rispetto della presunzione di non colpevolezza, o di innocenza, è scritta nella Costituzione. E lo stesso Conte ha riconosciuto che con Siri si è alla fase delle indagini preliminari. Ma egli ha anche avvertito che a comprometterne politicamente la partecipazione al governo potrebbe bastare, a prescindere dalla controversa tangente attribuitagli allusivamente in una intercettazione, la conferma di un suo interessamento per gli interessi non pubblici ma di una singola azienda. Pertanto uno spiraglio all’aggravamento politico del caso Siri è stato lasciato aperto dal presidente del Consiglio.
LE TENSIONI TRA SALVINI E DI MAIO
Intanto i due vice presidenti si scambiano accuse e sospetti indicativi del logoramento forse irrecuperabile dei loro rapporti. Di Maio, in particolare, tra allusioni e richiami diretti, ha contestato a Salvini metodi berlusconiani, o la mania di dettare legge, e nostalgie per il suo permanente alleato in sede locale, volendo forse investire in quella direzione i guadagni che il Carroccio si attende dalle elezioni europee e amministrative di fine maggio. Salvini, dal canto suo, meno allusivamente o più direttamente ha contestato a Di Maio di condividere le voglie aperturiste diffuse nel suo movimento in direzione del Pd, per quanto anche il successore di Renzi al Nazareno, Nicola Zingaretti, reclami in caso di crisi le elezioni anticipate. Che escludono quindi la disponibilità a un tentativo, per quanto anche numericamente improbabile, di cambiare maggioranza in questo Parlamento.