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Le tribolazioni di Conte

Berlusconi

I Graffi di Damato sullo sfogo del premier Conte ad Assisi

Con tutto il rispetto, per carità, dovuto ai giornali, giornaloni e giornalini che arrivano nelle edicole, almeno in quelle che continuano eroicamente a rimanere aperte in un mercato che ne ha fatte chiudere già tante, è proprio vero che quando il dito indica la luna lo stolto guarda il dito, come dice un vecchio proverbio cinese.

Il dito, in questo caso, è quello levatosi ad Assisi dalla mano del presidente del Consiglio Giuseppe Conte rispondendo, nel giorno della festa di San Francesco, patrono d’Italia, alle domande su una lettera di Matteo Renzi appena pubblicata dal Corriere della Sera, scritta nella presunzione, lamentata appunto dal capo del governo, di essere un “fenomeno”, pronto “ogni giorno” a criticare l’inquilino di turno di Palazzo Chigi. E ciò, magari, per rovesciarlo e prenderne il posto, come ha ricordato autobiograficamente Enrico Letta commentando anche lui la lettera di Renzi, che gli ha un po’ ricordato ciò che diceva del suo governo l’ancora sindaco di Firenze appena diventato segretario del Pd.

Peccato, per tutti quelli che si sono sbizzarriti nei titoli contro Renzi, che Conte sia andato ben oltre nel suo sfogo, chiamiamolo così, con i giornalisti che lo assediavano ad Assisi e mostravano soddisfazione per la polemica di giornata che stavano alimentando. Egli ha anche, o soprattutto, indicato la luna rivendicando il merito e il proposito di “non riconoscere primati a nessuno, neppure -ha precisato- alle forze politiche che hanno maggiore consistenza numerica”. Fra le quali è difficile annoverare, francamente, l’ancor modesta Italia Viva appena improvvisata da Renzi, per quanto già provvista al Senato, dove non ci vuole molto a riuscirvi, della cosiddetta azione d’oro della maggioranza, bastando e avanzando i suoi voti a provocare una crisi.

È chiaro che le forze di “maggiore consistenza numerica” cui Conte si riferiva ad Assisi sono il Movimento delle 5 Stelle e il Pd, in ordine appunto di rappresentanza parlamentare. E fra i due penso che il presidente del Consiglio volesse riferirsi, sotto tutti i punti di vista, quanto a problemi procuratigli a Palazzo Chigi, soprattutto al movimento grillino, che pure lo ha voluto confermare al suo posto sconfiggendo le resistenze opposte dal Pd durante la crisi con la necessità di offrire un chiaro segno di “discontinuità”- ricordate?- agli elettori comprensibilmente sorpresi dal repentino cambiamento della maggioranza di governo.

E’ dalla oggettiva confusione e dalle altrettanto oggettive tensioni fra i grillini che nascono i maggiori problemi del presidente del Consiglio, costretto a mediare fra le anime, o correnti, pentastellate ancor più che tra le forze o partiti della maggioranza. E la mediazione di Conte, anziché ridurre, paradossalmente aumenta le criticità fra i grillini, minando inevitabilmente, e di fatto, la leadership che Luigi Di Maio rivendica un giorno sì e l’altro pure proprio perché la sente sempre più in pericolo e contestata, oltre che compromessa dal nuovo ruolo governativo di ministro degli Esteri, forse troppo più grande della sua esperienza.

La debolezza di Di Maio è emersa anche dal festeggiamento non di San Francesco ma dei dieci anni di vita del movimento di cui è ancòra formalmente il capo. Da una maratona elettronica alla quale si è sottratto, forse non a caso, quello che è diventato il maggiore contestatore di Di Maio, cioè l’ex deputato Alessandro Di Battista, è venuto fuori proprio sulla testa del “capo” formale del movimento uno scontro a distanza fra Beppe Grillo in persona e il pentastellato più alto in grado sul piano istituzionale, che è il presidente della Camera Roberto Fico.

Grillo ha spento metaforicamente le dieci candeline del suo movimento vantandone l’”evoluzione” da forza di opposizione, e demolizione, a forza di governo, disposta ormai a tutto pur di non perdere questo ruolo, e quindi anche a passare dalla mattina alla sera dall’alleanza con la Lega di Matteo Salvini a quella col Pd di Nicola Zingaretti e ora anche con l’Italia Viva dell’ex “ebetino” -ricordate anche questo?- Matteo Renzi. E pazienza se Di Maio ha resistito e resiste ancora a questa “evoluzione”. Verrà evidentemente il tempo per regolare i conti anche con lui.

Il presidente della Camera ha spento le candeline  prendendo ancora più di petto Di Maio, e continuando praticamente a sorridere a Conte come nel momento di riceverlo nel suo ufficio di Montecitorio dopo il reincarico alla guida del governo. Egli ha scritto che “i momenti più difficili” del movimento pentastellato “non sono mai venuti da altri partiti o da una legge che non si riusciva a realizzare, ma dall’interno, da noi stessi, dalle difficoltà di gestire una cosa che è diventata più complessa”. “Le difficoltà più grandi -ha insistito Fico- siamo stati noi stessi”: altro, quindi, che Matteo Salvini ieri e Nicola Zingaretti e Matteo Renzi, separati, in questo faticoso avvio del secondo governo Conte, o Bisconte.

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