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Renzi sansonetti

Licenziamento illegittimo: il referendum che vuole rottamare il Jobs act

Il primo quesito referendario vuole il ripristino dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori nella parte in cui consentiva di reintegrare nel posto di lavoro un dipendente licenziato in maniera illegittima

Sono cinque i quesiti referendari sui quali i cittadini italiani sono chiamati a esprimersi il prossimo 8 e 9 giugno. I temi dei referendum riguardano il lavoro e la cittadinanza. I primi quattro quesiti sono stati promossi dalla CGIL, come capofila, mentre il quinto è frutto delle battaglie per modificare la normativa in materia di cittadinanza di +Europa con la collaborazione di Possibile, PSI, Radicali Italiani e Rifondazione Comunista.

Il primo quesito referendario riguarda i licenziamenti illegittimi e i contratti a tutele crescenti.

REFERENDUM: COSA C’È SCRITTO SULLA PRIMA SCHEDA

Il testo del quesito, che sarà redatto su una scheda di colore verde, recita:

Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, come modificato dal d.l. 12 luglio 2018, n. 87, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2018, n. 96, dalla sentenza della Corte costituzionale 26 settembre 2018, n. 194, dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145; dal d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, dal d.l. 8 aprile 2020, n. 23, convertito con modificazioni dalla L. 5 giugno 2020, n. 40; dalla sentenza della Corte costituzionale 24 giugno 2020, n. 150; dal d.l. 24 agosto 2021, n. 118, convertito con modificazioni dalla L. 21 ottobre 2021, n. 147; dal d.l. 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla L. 29 giugno 2022, n. 79 (in G.U. 29/06/2022, n. 150); dalla sentenza della Corte costituzionale 23 gennaio 2024, n. 22; dalla sentenza della Corte costituzionale del 4 giugno 2024, n. 128, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?

LICENZIAMENTI ILLEGITTIMI: COSA SIGNIFICA IL PRIMO QUESITO REFERENDARIO

Il primo quesito propone, quindi, l’abrogazione di uno dei passaggi più contestati del Jobs act e che è in vigore per i lavoratori assunti dal 2015. L’intento del quesito è ripristinare la normativa che prevedeva che, per le aziende con più di 15 dipendenti, ci fosse la possibilità di reintegrare nel posto di lavoro un dipendente licenziato in maniera illegittima, come previsto dall’art 18 dello Statuto dei lavoratori. “Il Jobs act – ha detto il professor Franco Focareta dell’Università di Bologna al Sole 24 Ore – ha introdotto nel 2015 una ingiustificabile differenziazione nel mondo del lavoro nella tutela per i licenziamenti illegittimi. Per i lavoratori assunti dopo marzo del 2015 diventava praticamente impossibile ottenere la reintegra nel posto di lavoro di fronte al licenziamento illegittimo, anche la tutela risarcitoria era assolutamente risibile rispetto a quella prevista dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. È intervenuto il legislatore e più volte la Corte Costituzionale per eliminare le parti più inaccettabili del Jobs Act, riducendone l’impatto negativo in termini di tutela, ma ciononostante persistono ingiustificate gravi differenze in termini di tutela tra lavoratori che possono accedere all’articolo 18 dello Statuto con la reintegra e anche con indennità risarcitoria che è di un minimo di dodici mensilità, in alternativa alla reintegra”.

GLI INTERVENTI DELLA CORTE COSTITUZIONALE SULL’ARTICOLO 18

Come dice il prof. Focareta, infatti, la Corte costituzionale è spesso intervenuta sull’interpretazione o i giudizi di incostituzionalità delle norme presenti nel Jobs act. Ad esempio, la sentenza n. 125/2022 del 19 maggio 2022, ha dichiarato incostituzionale l’art. 18, settimo comma, secondo periodo, nella parte in cui, in caso di licenziamento illegittimo per giustificato motivo oggettivo, si potesse procedere con il reintegro del lavoratore solo in presenza di “manifesta insussistenza” del motivo addotto.  La sentenza della Consulta stabilisce che “il giudice non è tenuto ad accertare che l’insussistenza del fatto posto a base del licenziamento economico sia “manifesta” (settimo comma, secondo periodo)”. L’incostituzionalità si è abbattuta solo sulla parola “manifesta”, che precede “l’espressione “insussistenza del fatto” posta a base del licenziamento per ragioni economiche, produttive e organizzative. Al fatto – spiega la sentenza – si deve “ricondurre ciò che attiene all’effettività e alla genuinità della scelta imprenditoriale”. Su questi aspetti il giudice è chiamato a svolgere una valutazione di mera legittimità che non può “sconfinare in un sindacato dicongruità e di opportunità” (sentenza n. 59 del 2021)”.

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