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L’inflazione danneggerà i consumi natalizi?

Carte Contanti

Lo scorso anno lo shopping natalizio era stato messo a dura prova dalle restrizioni, ma c’era il cashback. Quest’anno non ci sono misure a sostegno dei consumi e aumenta l’inflazione. Per Confcommercio con un incremento medio dei prezzi del 3% i negozianti perderebbero circa 2,7 miliardi di euro

Salvare il Natale. Lo diceva Giuseppe Conte quasi tredici mesi fa, introducendo nuove misure restrittive per ostacolare la diffusione del Covid. Un anno dopo, per fortuna (e grazie ai vaccini), la situazione è di gran lunga migliore, specie nel nostro Paese. Ma i consumi potrebbero patire l’incremento dell’inflazione, anche perché, rispetto al dicembre 2020, quest’anno non ci sarà il cashback a spingere gli italiani all’acquisto.

Secondo l’Ufficio Studi di Confcommercio nell’ipotesi di un aumento medio dei prezzi del 3% si perderebbero circa 2,7 miliardi di euro di consumi che potrebbero arrivare fino a 5,3 miliardi nell’ipotesi di un’inflazione al 4%; in entrambi i casi, quasi i tre quarti della perdita deriverebbero da un’immediata riduzione del potere d’acquisto del reddito disponibile, il resto dall’erosione della ricchezza finanziaria detenuta in forma liquida; su questa riduzione dei consumi pesa, peraltro, anche l’aumento delle spese obbligate per il rincaro dei prezzi dell’energia che si è già trasferito sulle bollette di luce e gas.

Per il 70% le perdite stimate sono dovute a immediate riduzioni di potere d’acquisto del reddito disponibile; per la restante parte al minore potere d’acquisto della ricchezza finanziaria detenuta in forma liquidita e, quindi, non protetta dall’inflazione inattesa. Secondo la stima dell’Ufficio Studi, “è possibile ipotizzare una crescita della quota di spesa destinata a spese obbligate, in ragione dell’incremento dei prezzi dell’energia che si è già riflesso sulle bollette di luce e gas (nonostante i sostegni stanziati dal governo per neutralizzare, in parte, gli effetti di tali aumenti sui bilanci delle famiglie, in particolare di quelle più fragili sotto il profilo del reddito da lavoro)”.

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