Famiglia, Pensioni, lavoro, fisco, sanità, difesa: questi i principali settori toccati dalla manovra economica approvata…
L’intreccio tra lo stato di emergenza e il prossimo Capo dello Stato
Tutti i sottintesi della proroga dello stato di emergenza pandemica. I Graffi di Damato
I sottintesi, e neppure tanto, della proroga dello stato di emergenza a fine marzo, in arrivo dal governo dopo l’accelerazione imposta -orologio alla mano- dal segretario del Pd Enrico Letta e subita, più che promossa, dal presidente del Consiglio, si evincono dalla somma o dal confronto, come preferite, dei titoli di apertura di due quotidiani di area del centrodestra: il Giornale della famiglia Berlusconi diretto da Augusto Minzolini e La Verità fondata e diretta da Maurizio Belpietro, generalmente più sensibile o pia vicina, sempre come preferite, alle posizioni di Matteo Salvini rispetto a quelle, pur rispettate, di Silvio Berlusconi.
Ebbene, il Giornale annuncia su quasi tutta la prima pagina che “lo stato di emergenza ostacola Draghi al Colle”, aggiungendo -in quello che tecnicamente viene definito “catenaccio”- che lo stesso Draghi diventa così “sempre più vincolato alla poltrona di presidente del Consiglio”. Altro quindi, che candidarsi o lasciarsi candidare al Quirinale, magari rendendo più esplicita la sua ambizione o disponibilità nella tradizionale conferenza stampa di fine anno del capo del governo, stavolta forse anticipata di qualche giorno rispetto alle ultime occasioni: in particolare, prima e non dopo Natale.
In un’emergenza pandemica prorogata -avverte nel suo editoriale il buon Minzolini, esperto come pochi di operazioni politiche e decriptatore dei messaggi solitamente ermetici che si scambiano i leader di partito- se Draghi insisterà a proporsi o a lasciarsi proporre al Quirinale per succedere a Sergio Mattarella rischierà di “far passare il suo disegno più che per un’esigenza del Paese per un capriccio personale”. E di capricci si parla nel titolo dell’editoriale del Giornale, che si trova un pò -sia come quotidiano sia come editore- in quello che potremmo definire “conflitto d’interesse” di fronte alla corsa al Quirinale. Cui Berlusconi ufficialmente non si è ancora iscritto, ma è chiaramente fra tutti i partecipanti possibili o effettivi quello già più esposto o visibile.
Sul quotidiano La Verità, in linea col nome stesso della testata, senza riferimenti polemici al vecchio giornale del partito comunista sovietico, che in russo si chiamava Pravda, si grida più esplicitamente che “ci tengono in emergenza per sgambettare Draghi”. E si lamenta “il solito uso politico del virus”, immedesimandosi forse negli umori e quant’altro di Salvini. Che ha appena aperto le sue consultazioni proprio sulla corsa al Quirinale come leader sia della Lega sia del centrodestra: ruolo o qualifica acquisita nel 2018 sorpassando Forza Italia nelle elezioni politiche.
Ciò significa -mi chiederete- che Salvini non si sente inchiodato alla candidatura o comunque all’ambizione quirinalizia di Berlusconi e si riserva, una volta verificatane la impraticabilità in termini di voti parlamentari occorrenti all’elezione, di cercare altre soluzioni per concorrervi in modo decisivo? Sì, vi rispondo, Significa anche questo. Tanto è vero che sul già citato Giornale di famiglia di Berlusconi si levano quotidianamente, a più firme, moniti e preoccupazioni sulla tenuta degli alleati di centrodestra, dei quali non si gradiscono i “ma” che spesso accompagnano gli impegni o le promesse all’ex presidente del Consiglio. Eccovi la conclusione dell’editoriale odierno di Minzolini già citato per altri versi: “I primi che dovrebbero scongiurare in ogni modo l’esplosione del centrodestra sono proprio Salvini e Meloni: se la coalizione andasse in crisi verrebbe a mancare ad entrambi l’unico strumento che hanno a disposizione per arrivare a Palazzo Chigi”. Questo “strumento” è appunto l’alleanza con Berlusconi: rotta la quale nella corsa al Quirinale, si aprirebbero ben altri scenari politici ed elettorali per iniziativa o con la partecipazione dello stesso Berlusconi. A buon intenditore poche parole, come dice un vecchio proverbio.