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M5S, oggi nuovo Consiglio nazionale. Siamo alla resa del Conte?

Consiglio Nazionale M5s

Le dimissioni di Draghi spiazzano i 5 Stelle, in piena crisi di nervi. Conte, che solo la scorsa settimana aveva consegnato al suo successore un documento di 9 punti, dovrà capire come muoversi per non far precipitare la situazione. Oggi nuovo Consiglio nazionale di M5S

Ha tutta l’aria di essere rimasto con la bomba tra le mani, Giuseppe Conte, una bomba che forse non era nemmeno così convinto di innescare. “Ci siamo confrontati e abbiamo preso atto delle dimissioni del presidente Draghi. Ha preso questa decisione e ne prendiamo atto. Ci aggiorniamo”, ha balbettato ieri sera l’ex premier lasciando il Consiglio nazionale di M5S, visibilmente sorpreso dall’accelerazione di Mario Draghi che, pur godendo ancora della maggioranza numerica, ha rassegnato le dimissioni. Dimenticata la retorica sulla trasparenza e le assisi in streaming, i pentastellati sono da ore chiusi nel più assoluto riservo. Uno di loro, lasciando la riunione, però esclama un liberatorio “meglio dormirci su, sennò finiva male”. Tutto infatti viene aggiornato a oggi.

Romano Prodi, con la saggezza di chi conosce bene il mondo della politica e le sue peggiori asperità, come gli strappi degli alleati e i tradimenti dei compagni di partito, commenta il contorcersi grillino con una frase che ben descrive la crisi di nervi pentastellata, alle prese ora pure con una crisi politica che non sanno più fermare: “Siamo alla resa del Conte”. L’impressione, infatti, è che Giuseppe Conte non riesca più a tenere i suoi e che, comunque vada, sia arrivato a fine carriera: ha strappato per non finire disarcionato, è vero, ma se si va a elezioni con ogni probabilità Beppe Grillo richiamerà in servizio Alessandro Di Battista nel tentativo di rispolverare il Movimento delle origini, fatto di un’opposizione serrata e grida belluine.

Totale la disfatta per Conte: il dl Aiuti che conteneva i nuovi poteri per il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, sul ciclo di smaltimento dei rifiuti (da lì la realizzazione del termovalorizzatore annunciato in aprile che vede d’accordo anche il centrodestra) è passato con una maggioranza molto larga: 172 voti a favore (per fare un parallelo utile, il Conte bis incassò il di 156 senatori), nonostante l’assenza dei 61 esponenti del M5s ma, soprattutto, con la fine del governo Draghi finisce al macero anche quel documento politico articolato in 9 punti, “non inteso come l’elenco di petizioni politiche da rivendicare con arroganza, ma come contributo serio e responsabile”, per usare le parole dell’avvocato degli italiani, che solo la scorsa settimana il leader 5 Stelle aveva consegnato nelle mani del premier. Anche per questo, nel Consiglio nazionale M5S odierno, è facile che i grillini provino a trovare una via di fuga che salvi capra e cavoli: rimarchi il loro no su certi temi ma permetta al governo di sopravvivere a perimetro invariato. Una condizione che il premier dimissionario però ha già detto che non intende accettare dato che costituirebbe un pericoloso precedente, tanto più con le elezioni politiche che si fanno più vicine. In molti vorrebbero pure ritirare i ministri 5 Stelle (Stefano Patuanelli, Federico D’Incà e Fabiana Dadone) e formalizzare al più un “appoggio esterno”, ma pare una ipotesi fantascientifica. La frittata, insomma, sembra fatta…

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