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Le mani della Mafia sul gioco. Cafiero de Raho: Proibizionismo non è la soluzione

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Per il procuratore antimafia e antiterrorismo la politica deve prestare attenzione alle infiltrazioni criminali nel settore delle scommesse per non distruggere l’economia sana e pulita

I clan hanno messo le mani sul mondo del betting e nascoste dietro le piattaforme di gioco hanno finito per spartirsi il mercato e controllare in maniera diretta o indiretta giocate per 4,5 miliardi di euro. È questo l’esito di un’inchiesta che ha visto lavorare insieme Guardia di Finanza, polizia, carabinieri e Dia coordinati dalla Direzione nazionale Antimafia e Antiterrorismo, guidata dal procuratore Federico Cafiero de Raho, che ha messo insieme i filoni investigativi sviluppati dalle procure di Bari, Reggio Calabria e Catania.

CAFIERO DE RAHO: LIBERTÀ DI GIOCARE PRIMO DIRITTO DA RISPETTARE, IL PROIBIZIONISMO NON È LA SOLUZIONE

“Il gioco è un un settore di grande rischio, e tutto questo va contrastato, ma pensare di intervenire vietando di giocare non garantisce una libertà che deve essere il primo diritto da rispettare”, ha spiegato il procuratore antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero de Raho, sottolineando che si tratta di “formare le persone, educare, vigilare e intervenire non solo con la repressione ma attraverso altri organi e credo che la politica dovrebbe spingere in questa direzione. Il proibizionismo – ha ammesso – non è assolutamente una soluzione”. Il procuratore ha poi esortato la politica a prestare attenzione alle infiltrazioni delle mafie nel settore delle scommesse perché in caso contrario, ha concluso il procuratore nazionale antimafia, “l’economia sana e pulita continuerà ad essere infiltrata dalle mafie e il sud continuerà ad essere la zavorra dell’economia del paese. Se non battiamo le mafie, l’economia italiana non sarà in grado di decollare”.

L’INCHIESTA: 68 ARRESTATI TRA I CLAN

‘Ndrangheta reggina, mafia catanese, famiglie pugliesi risultano tutte coinvolte nel mondo delle scommesse per incamerare milioni su milioni, lavare denaro, ripulirlo e reimpiegarlo in attività immobiliari e acquisto di azioni. In manette sono finite 68 persone tra boss e gregari delle più note famiglie di Reggio Calabria, Catania e Puglia ma anche imprenditori e prestanome, tutti a vario titolo accusati di associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e autoriciclaggio, illecita raccolta di scommesse online e connessa fraudolenta sottrazione ai prelievi fiscali dei relativi guadagni. Sotto sequestro sono finiti beni per oltre 1 miliardo di euro, ma i numeri potrebbero salire visto che sono in corso oltre 80 perquisizioni sono in corso in tutta Italia. In sostanza i clan si erano spartiti il mercato delle scommesse online, accumulando guadagni immensi poi reinvestiti in patrimoni immobiliari e posizioni finanziarie all’estero intestati a persone, fondazioni e società, con la complicità di diversi prestanome. E proprio per rintracciare il patrimonio accumulato ed effettuare i sequestri è stata fondamentale la collaborazione di Eurojust e delle autorità giudiziarie di Austria, Svizzera, Regno Unito, Isola di Man, Paesi Bassi, Curacao, Serbia, Albania, Spagna e Malta. Ma soprattutto le dichiarazioni di un pentito, un professionista del betting, che ha operato con i vari clan per lo sviluppo e l’imposizione sul mercato di varie piattaforme di gioco.

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