Giovanni Malagò parla al Corriere a una settimana dal voto per la presidenza del Coni che sancirà il suo addio a Palazzo H. Ma la sua centralità resta
Ci siamo: una settimana esatta e si chiuderà l’era Malagò alla presidenza del Coni. Il pacchetto di candidati è ormai consolidato. Sono otto in tutto, ma la partita vera si gioca tra Luciano Buonfiglio, Luca Pancalli e Franco Carraro. L’esito è quanto mai incerto: difficile che alla prima votazione uno dei tre riesca a convogliare su di sé i 41 voti necessari per prendere la guida di Palazzo H e con tutta probabilità ci vorrà un’alleanza tra le fazioni.
Decisiva, come sempre, sarà l’influenza di Giovanni Malagò, mentre si cerca di capire quale sarà la sua prossima mossa, una volta chiuso questo capitolo. Dopo 12 anni al Coni, Malagò può guardare probabilmente a qualsiasi poltrona. Ma la testa per adesso è tutta sul voto del 26 giugno e sulle Olimpiadi 2026. Perché anche senza quarto mandato – «Mai chiesto», si trattava di «una proroga», precisa oggi al Corriere – alla fine si dovrà passare da lui.
MALAGÒ: «MAI CHIESTO UN QUARTO MANDATO»
Intanto perché Malagò le Olimpiadi le seguirà eccome, da guida della Fondazione Milano-Cortina 2026 e da membro del Cio. Pur nel rammarico, dato che gli mancherà il contatto «con i colleghi dei comitati olimpici nazionali, una proroga avrebbe dato continuità e permesso a loro di poter dialogare con lo stesso soggetto. Se il veto fosse stato posto subito, nulla da dire ma è stato introdotto dopo sei anni».
La faccenda della mancata proroga è un tasto dolente e ci va di mezzo pure Pancalli: «Come vi sentireste se dopo dodici anni e in prossimità delle Olimpiadi vi dicessero che non siete prorogabili nemmeno per sei mesi mentre chi è alla guida del Comitato Paralimpico da un tempo doppio rispetto al vostro può candidarsi per il Coni?».
Dietro le dichiarazioni di circostanza lo scontro con la corrente che sostiene Pancalli prosegue da mesi, con puntuali stoccate all’uno o all’altro avversario a ogni intervista. Nelle scorse settimane l’ex presidente del Cip, per alcuni leggermente favorito, tra un tentativo di smarcarsi dalla connotazione politica e i segni di discontinuità da dare, elogiava il carisma eccezionale di Malagò, ma tra le righe ne segnalava anche l’«eccessiva personalizzazione» (che poi è la stessa linea di Abodi). «Inelegante», commenta lui.
CONTRO BARELLI E BINAGHI
Su chi si sia messo di traverso per la proroga Malagò ha le idee chiare. La responsabilità sarebbe di Barelli, in primo luogo, e di Binaghi, come da tradizione sul fronte opposto al suo: «Nella scorsa tornata elettorale sostenevano la candidatura di Di Rocco contro la mia, prima ancora quella di Pagnozzi».
La loro, spiega, è la partita di chi si disinteressa dei lavori del Coni, ma poi pretende di pesare in vista delle elezioni, connotando politicamente la corsa. «Come puoi criticare il Coni o sostenere un candidato se per quattro anni non ti sei mai fatto vedere a una riunione del Consiglio Nazionale? Come può Pancalli dire che non c’è la politica dietro la sua candidatura quando Barelli sta lavorando ventre a terra per lui?».
PER BUONFIGLIO, LA NON BELLIGERANZA CON CARRARO
Ma nell’intervista non si parla soltanto di avversari. Malagò rilancia il “suo” Buonfiglio – “presidente federale di lungo corso e di esperienza nazionale e internazionale: la sua candidatura è logica e coerente”, dice, respingendo ogni insinuazione che lo vorrebbe lì a telecomandarlo – e glissa su Carraro, ricordando “l’amicizia antica” che li lega e riducendo la sua candidatura alla situazione di incertezza creatasi sul suo rinnovo.
LE PROPOSTE NAUFRAGATE
Spiega anche di aver proposto Diana Bianchedi, nome poi ritirato per il veto dei presidenti federali («avrebbero votato solo uno di loro»), e Silvia Salis, che però ha deciso di intraprendere altre strade. Quando l’intervistatore gli fa notare la scarsissima presenza di figure femminili all’interno del Coni – 20 a 1 il conto dei presidenti regionali – pur di tenersi sul generico, si lascia andare a un inedito elogio del limite del terzo mandato: «entreranno più giovani e più donne».
IL FUTURO? «CHISSÀ»
Sul futuro si tiene su un orizzonte di breve-medio termine. «La priorità fino a marzo 2026 resta l’Olimpiade di Milano-Cortina». Ma dopo chissà. La Ferrari, la Nazionale: «Mi hanno proposto di tutto», dice lasciando ogni porta aperta.