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Il patto discutibile di Meloni, che passa dai blocchi navali agli accordi con Tunisi

Meloni Tunisia

Si tratta di un tassello essenziale a quel cambio di rotta che la Meloni si vanta di avere fatto maturare in Europa facendo dell’immigrazione un problema più “esterno” che “interno”

Annasperà pure su qualche problema interno, come quello sempre scivoloso dei rapporti fra politica e giustizia, con i quali si sono confrontati faticosamente anche altri presidenti del Consiglio di diverso colore o schieramento, ma bisogna riconoscere che Giorgia Meloni continua a cogliere successi sul piano internazionale, per quanto minimizzati o contestati dai suoi avversari. Ieri, per esempio, ha partecipato in Tunisia alla firma del memorandum d’intesa di Cartagine fra l’Unione Europea e la stessa Tunisia per una parthnership strategica e globale, per la quale la premier italiana si è spesa moltissimo trascinandosi praticamente appresso la presidente tedesca della Commissione europea Ursula von der Layen e il premier d’Olanda Mark Rutte.

         Si tratta di un tassello essenziale a quel cambio di rotta che la Meloni si vanta di avere fatto maturare in Europa facendo dell’immigrazione un problema più “esterno” che “interno”, risolvibile pensando e rimediando più alle partenze, lottando gli scafisti, che agli arrivi sui confini meridionali europei. Di cui quelli italiani sono una parte certamente non secondaria.

– Leggi anche: Meloni ferma Nordio sulla mafia, accordo Ue-Tunisia sui migranti: le prime pagine

         Mentre il leader leghista  Matteo Salvini da vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno del primo governo di Giuseppe Conte si adoperò, anche a costo di finire sotto processo dopo la caduta di quel governo e un cambiamento di maggioranza, per ostacolare l’accesso ai porti e alle coste italiane, la Meloni ha preferito scommettere non più sul blocco navale reclamato irrealisticamente quando era all’opposizione, ma sulla possibilità di controllare e disincentivare le partenze accordandosi con gli Stati interessati e favorendone condizioni e sviluppo. In questa prospettiva la premier persegue un piano Mattei evocando la politica di forte collaborazione con i paesi rivieraschi d’Africa, e non solo, praticata dallo storico fondatore dell’Eni.

         Per quanto sia riuscita in più occasioni a stabilire un rapporto di simpatia col Papa in persona, la Meloni si è trovata a fare i conti in questa sua visione e gestione del problema dei migranti con i vescovi italiani. O almeno con il loro giornale, Avvenire, che ha così titolato ieri in prima pagina precedendo la missione della premier: “Un patto discutibile”. Discutibile perché “il governo tunisino -ha titolato ancora il quotidiano cattolico- manda i profughi a morire nel deserto e aizza la piazza contro i neri”, ora anche con l’aiuto politico e finanziario dell’Unione Europea, sempre secondo Avvenire. Con i cui scherzi da prete, anzi da vescovo, concorda una sinistra dimentica che le premesse della politica perseguita oggi dal governo italiano risalgono all’’azione di un esponente del Pd come Marco Minniti, ministro dell’Interno del governo di Paolo Gentiloni. Che non  è un omonimo, ma proprio il commissario europeo in carica per gli affari economici e monetari. Che un aiuto alla Meloni per far passare la sua linea a Bruxelles l’ha sicuramente dato.

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