Che cosa ha detto a margine della due giorni Nato a Vilnius la premier italiana: i Graffi di Damato
Alla faccia della “retromarcia” nei rapporti tesi con i magistrati attribuita a Giorgia Meloni, sia pure in seconda pagina, dal Riformista di Matteo Renzi. Che è pronto sia a saltare in groppa alla premier sia, quando gli serve, a lamentarne ripensamenti, indecisioni, contraddizioni pronto e a promettere più o meno esplicitamente agli elettori del più o meno fantomatico centro che lui, al suo posto, saprebbe fare meglio e di più. Solo se l’ex presidente del Consiglio riuscisse davvero a decollare col terzo polo, magari liberandosi di quella zavorra che ogni tanto mostra di considerare, ricambiato, il fratello-coltello Carlo Calenda.
“Meloni riaccende lo scontro tornando ad accusare i magistrati di fare politica, titola La Stampa con gli stessi occhiali della consorella Repubblica. Che registra il “non ci fermeremo” della Meloni mentre il guardasigilli Carlo Nordio annuncia o conferma, come preferite, l’intenzione di “riscrivere” pure “il concorso esterno mafioso”.
Anche sul più prudente Corriere della Sera – con “i paletti” attribuiti alla premier come per volere farle delimitare lo scontro con la magistratura accusata di fare politica in alcune sue frange, sino ad essersi sostituita alle opposizioni aprendo con largo anticipo la campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo l’anno prossimo- Massimo Franco ha avvertito in prima pagina che certe parole di apparente disponibilità ad abbassare i toni pronunciate dalla Meloni a Vilnius, rispondendo alle domande dei giornalisti dopo la partecipazione al vertice della Nato, “non significano che le tensioni non esistano, né che scompariranno presto”. Magari su consiglio, pressione e quant’altro di Mattarella al Quirinale, dove la premier è attesa per riferire su Vilnius e dintorni. Dove peraltro, incontrando Biden, la Meloni ha potuto completare con la data del 27 luglio la preparazione della sua visita alla Casa Bianca.
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Nelle risposte date ai giornalisti che l’hanno seguita al vertice della Nato Il Foglio ha visto, questa volta non a torto, un po’ di “sassolini” che la premier ha voluto togliersi dalle scarpe. Che peraltro le hanno davvero dato fastidio, come ha raccontato lei stessa spiegando certe smorfie sul viso sfuggitegli mentre parlava. Il principale di questi sassolini è stato sicuramente quello del pur amico, cofondatore dei “fratelli d’Italia” e presidente del Senato Ignazio La Russa. Dal quale si è dissociata come di più non poteva fare, solidarizzando istintivamente con la vittima, per la funzione da lui assunta, sia pure come padre, di giudice assolutorio del figlio minore accusato di uno stupro avvenuto per giunta a casa sua, cioè della famiglia. Per questa dissociazione la premier si è guadagnata la “brava” gridatagli sull’Unità da Piero Sansonetti generalmente severo e critico nei suoi riguardi, soprattutto a causa della sua posizione fortemente atlantista sulla guerra in Ucraina.