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Meloni vista dai giornali

Meloni

I Graffi di Damato

 

Nel 98esimo giorno del suo primo governo Giorgia Meloni, volata in Libia per accordi sul gas e sul controllo del traffico dei migranti, da troppo tempo praticamente gestito dagli scafisti, si è guadagnata dai fantasiosi titolisti del manifesto anche la guida di “Tripolitalia”. Che avrà già acceso, o riacceso, l’incubo avvertito in ottobre a sinistra per la quasi coincidenza tra la formazione del primo governo di destra-centro, e a guida femminile in Italia, e il centenario della “marcia su Roma” di Benito Mussolini. Il quale teneva allo “scatolone” sull’altra sponda del Mediterraneo avvistato prima di lui da Giovanni Giolitti. “100 giorni di Meloni: figuriamoci i prossimi”, hanno gridato allarmati quelli del Fatto Quotidiano.

Sul Corriere della Sera invece Antonio Polito ha scritto nell’editoriale di giornata che “l’accusa di aver fatto una retromarcia su Roma insegue i primi tre mesi del governo Meloni”, notando che questo rimprovero “spesso proviene dagli stessi critici che l’accusavano di voler fare la marcia su Roma”. Essa fu non a caso rievocata con particolare dispendio di articoli e di carta da Repubblica. Sulla cui prima pagina oggi si definisce invece senza compiacimento alcuno quello che compirà domani i suoi primi cento giorni “il governo delle retromarce”. Sono gli scherzi dell’incoerenza”, come scrive Polito, o della cronaca e della storia entrambe viste e raccontate con gli occhiali anneriti dalla faziosità, o dai contingenti e mutevoli interessi politici.

Si distingue sul Corriere della Sera anche “l’esame di maturità” fatto al governo Meloni da Roberto Gressi. Che, colpito dalla “più breve delle sbornie elettorali del passato recente”, esprime un voto “tutto sommato” positivo, di promozione.  Egli ha indicato a vantaggio della Meloni una “buona tenuta con gli alleati riottosi fin dalla formazione del governo”, fra le ambizioni concorrenti di leghisti e berlusconiani, e “un aiuto” più o memo costante “degli avversari divisi”. I principali dei quali – il Pd del dimissionario Enrico Letta, impegnato nel più lungo percorso congressuale che si ricordi in Italia, e il MoVimento 5 Stelle ormai di Giuseppe Conte, con brevi incursioni del fondatore e comico Beppe Grillo – si contendono la rappresentanza più autentica e numerosa della sinistra post-novecentesca.

Come finirà questa gara a sinistra non riusciremo forse a saperlo o capirlo neppure il mese prossimo, quando avremo il nome del nuovo capo al Nazareno, di genere maschile o femminile che risulti. A meno di esiti clamorosi contrari al Pd, qualche giorno prima, delle elezioni regionali in Lombardia e nel Lazio. Dove il segretario pur uscente del Partito Democratico avrà sperimentato, rispettivamente, la convivenza con i grillini o il contrasto.

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