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Mosse e ansie di Meloni

Meloni Coldiretti

La giornata particolare di Giorgia Meloni a Milano, fra Berlusconi e Coldiretti. I Graffi di Damato

 

Vi raccomando quell’”anche” che Il Fatto Quotidiano ha voluto aggiungere nel titolo di prima pagina ai “Coldiretti” che ieri a Milano hanno “acclamato” Giorgia Meloni al suo arrivo, da Arcore, dove era stata ricevuta da Silvio Berlusconi, alla manifestazione della potente organizzazione di categoria sopravvissuta intatta, nei suoi valori e capacità organizzative, a tutti i cambiamenti intervenuti nella politica nazionale con la numerazione delle Repubbliche.

Chissà perché la cronaca politica di un giornale importante e radicato come La Stampa ha definito “insolita platea” quel “villaggio Coldiretti di Milano” dove la candidata a Palazzo Chigi ha deciso di fare “la sua prima apparizione post elettorale”. Perché insolita, dopo che lo stesso presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, aveva spiegato personalmente alla platea la ragione di tanto interesse e consenso per la giovane leader della destra italiana che sta per prendere il posto di Mario Draghi?

Per avere sempre incontrato in lei e nel suo partito – ha detto Prandini – un ascolto attento e utile ai loro problemi. Come nella Dc di un tempo, dove il padre di Ettore Prandini, Gianni, aveva fatto la gavetta politica diventando un leader nazionale, più volte ministro, braccio destro e sinistro del più volte segretario del partito Arnaldo Forlani, sino a rompere col mito della sua giovinezza politica, Amintore Fanfani, quando le strade dei due si separarono con la nettezza e persino la brutalità di cui era capace un partito di “amici”. Così i democristiani si chiamavano sempre fra loro, anche quando cessavano di esserlo e diventavano concorrenti, avversari e quant’altro.

Gianni Prandini, passato per le forche caudine di “Mani pulite” con l’assoluzione finale, fra l’altro fu il ministro della Marina Mercantile che, sorprendendo uno dai gusti e temperamento difficili come Giorgio Bocca, domò i famosi “Camalli” del porto di Genova. Ne ricevette il capo a casa sua, nel Bresciano, mentre migliaia di manifestanti giunti dalla Liguria l’assediavano minacciosi.

Pur tra la sorpresa del Fatto, ripeto, e della Stampa, pur lontano nel tempo, con una generazione seguita dall’altra, quel mondo di valori, di uomini, di famiglie, di tradizioni, di sentimenti non è morto. Proprio oggi all’interno di Repubblica si può leggere un articolo di Tommaso Ciriaco così titolato: “Da Casini a Rotondi, gli eterni Dc. Se resistere in Parlamento è un’arte”. E ancora: “Con Tabacci sono gli ultimi rimasti che hanno militato nella Balena bianca”, come la chiamava il compianto Giampaolo Pansa. “Ora sono in Parlamento stimati e corteggiati a tutti”. Tabacci, poi è stato appena rieletto nel suo Nord, mentre l’adottato – chiamiamolo così – Luigi Di Maio nella sua Napoli ha fatto naufragio e ora sta pensando -come ho letto da qualche parte – di investire in attività promozionali l’esperienza, le conoscenze, i rapporti maturati in una decina d’anni come capo e poi ex capo del Movimento 5 Stelle fra Montecitorio e vari Ministeri, compreso quello degli Esteri dove sta raccogliendo carte e oggetti, in attesa di chi gli dovrà succedere. Forse Antonio Tajani, se davvero Berlusconi lo ha chiesto ieri a Giorgia Meloni.

Era proprio Tajani, ieri mattina, a Milano a parlare ai coldiretti all’arrivo della Meloni. Sentite, anzi leggete qui con me la cronaca di Giacomo Salvini sul Fatto Quotidiano: “La scena è ai limiti del situazionismo: il coordinatore di Forza Italia, non certo un volto ostile tra gli agricoltori, è appena salito sul palco. A quel punto però arriva Meloni. Accolta dalla platea con una standing ovation, richieste di selfie e baci e abbracci con gli organizzatori. Tajani resta lì, impassibile, nessuno è interessato alla sua presenza. Anche le telecamere dell’evento, perfide, inquadrano più volte Meloni seduta in prima fila mentre parla il coordinatore di Forza Italia”.

Una giornata particolare anche quella di ieri a Milano, come la più celebre del 6 maggio 1938, con Hilter a Roma, raccontata da Ettore Scola nello storico film del 1977.

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