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Non sarà che Grillo invidia Zelensky perché è un comico diventato vero statista?

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I Graffi di Damato

Tutti danno Putin per impegnato a festeggiare il 9 maggio l’anniversario della vittoria dell’armata rossa sui nazisti – al netto del contributo degli americani e alleati occidentali- con la conquista che spera vera e definitiva di Mariupol, la città ucraina diventata ormai simbolo della guerra da lui scatenata contro il Paese confinante e troppo europeo per i suoi gusti ormai orientali. Nella sua ossessione di vittoria il capo del Cremlino non si è accorto, poveretto, di avere rovesciato le parti della seconda guerra mondiale.

Mariupol sta a Stalingrado, ma con gli ucraini al posto dei russi e i russi al posto dei tedeschi. Che ridussero in macerie la città intestata al dittatore sovietico prenotando non la loro vittoria ma la loro sconfitta finale.

Penso che sarà vano anche il tentativo di Putin di distinguersi da Hitler ordinando al suo ministro della cosiddetta Difesa, scomparso per un bel pò dalla scena tanto da sembrare epurato, di revocare la disposizione dell’assalto conclusivo con la carneficina degli asserragliati nei sotterranei dell’acciaieria diventata davvero un inferno. Gli basterà ridurre quella trappola, troppo pericolosa anche anche per le truppe russe, ad una tomba per vivi, destinati a morire di fame e di mancanza d’aria, come si fa con una mosca mettendole sopra un bicchiere rovesciato. Non dovrà volare neppure una mosca, ha proprio detto Putin. Che si è guadagnato in Italia dal solito Fatto Quotidiano il titolo elogiativo di chi “prende Mariupol senza strage finale”. Di sangue insomma basta quello già abbondante che è stato versato sino ad ora, e non solo a Mariupol.

Di un’altra cosa si è vantato oggi il giornale di riferimento dell’area pentastellata italiana: della “missione” compiuta improvvisamente a Roma da Beppe Grillo per schierarsi con i “pacifisti” e gridare, attraverso anche Il Fatto Quotidiano appunto: “Non inviamo armi” all’Ucraina.

Anche qui si sono ormai rovesciate le parti, pur meno tragicamente della coppia Putin-Hitler. Grillo non è più il garante diffidente e critico del presidente del MoVimento 5 Stelle un po’ pasticcione, specializzato in “penultimatum”. E’ diventato ora un convinto sostenitore del Conte “ambiguo” gridatogli in faccia da Lilli Gruber per tutti i suoi “però” a proposito della linea del governo a favore dell’Ucraina, e infine anche per il rifiuto di una scelta fra i due concorrenti nel ballottaggio di domenica per l’Eliseo.

Pazienza per Grillo se le circostanze, diciamo così, hanno indotto qualche giornale a mettere l’improvvisa missione romana, con i buoni uffici anche del presidente della Camera Roberto Fico, al servizio anche, o soprattutto, di un accordo con Conte per mettere praticamente a carico del MoVimento le spese del blog ormai personale del garante. Dove da più di una settimana alla guerra di Putin si allude, per i suoi riflessi in Italia, solo con una vignetta su chi pretende di accumulare riserve di gas sostitutivo di quello russo scoreggiando a letto.

Ma ritengo -nella convinzione andreottiana che a pensare male si faccia peccato ma s’indovini- che dell’Ucraina a Grillo non piaccia soprattutto il presidente Zelensky perché da attore comico è riuscito a diventare davvero un leader, di livello addirittura internazionale. Altro che il Grillo dell’esordio politico, nel lontano 2009, quando si mise in proprio dopo avere inutilmente tentato di infilarsi nel Pd, e dei suoi non travolgenti sviluppi. Il 33 per cento pentastellato delle elezioni del 2018, con tanto di “centralità” rivendicata ed effettivamente esercitata per un pò, è ormai più che dimezzato in tutte le elezioni intermedie, chiamiamole così, e nei sondaggi in vista delle elezioni politiche generali dell’anno prossimo, salvo anticipi per i quali autolesivamente gioca anche Conte, neppure tanto di nascosto. E ciò, ad occhi e croce, vista la confusione quanto meno del e nel centrodestra, a vantaggio soprattutto del Pd di Enrico Letta.

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