Continuano a far discutere l'intervista di Sangiuliano al Tg1 e le ospitate in tv, prima…
Non solo monnezza, tutti i roghi politici da spegnere. I Graffi di Damato
I graffi di Damato
Non mancano certamente in Italia, anche d’inverno, e non solo d’estate, che è la loro stagione abituale, roghi da spegnere o prevenire.
NELLA TERRA DEI FUOCHI
Il presidente del Consiglio ha voluto portarsi appresso sette ministri nel viaggio a Caserta, nella cosiddetta terra dei fuochi, per occuparsi della ormai cronica emergenza dei rifiuti che si lasciano bruciare per strada per non destinarli ai più sicuri inceneritori. Che per essere stati soltanto evocati per l’ottimo servizio che svolgono al Nord, cioè dalle sue parti, hanno procurato al vice presidente leghista del Consiglio Matteo Salvini critiche e proteste dei grillini, dentro e fuori il governo, aggravate dal fatto che la materia è estranea al famoso “contratto” stipulato in primavera dai due partiti della maggioranza gialloverde. E tanto dovrebbe bastare e avanzare per indurre Salvini al silenzio, o farlo desistere dalla tentazione di creare “tensione” a Palazzo Chigi e dintorni, come gli ha rimproverato l’altro vice presidente del Consiglio Luigi Di Maio per non risultare meno preoccupato e deciso del collega di partito e corregionale Roberto Fico, presidente della Camera e anti-inceneritore ormai collaudato.
I ROGHI DEI PROCESSI
I roghi che preoccupano di più il movimento delle 5 stelle sono quelli dei processi, bruciati nei tribunali dalla prescrizione: a tal punto che il guardasigilli Alfonso Bonafede ha voluto inserire nella legge “spazzacorrotti” una norma che la blocca – cioè spegnerebbe il fuoco e salverebbe i processi – all’emissione della sentenza di primo grado.
Le proteste levatesi dai leghisti, giustamente contrari – per usare un’espressione della ministra e nota avvocatessa Giulia Bongiorno – alla pretesa di spegnere il fuoco in un processo lanciandogli addosso “una bomba atomica”, sono servite solo a rinviare il problema di poco più un anno, cioè a gennaio del 2020. Allora, non si è capito bene se al primo o all’ultimo giorno del mese, la bomba nucleare con le cinque stelle dipintevi sopra da Bonafede sarà lanciata sui processi in corso, con o senza – ha detto il guadardasigilli smentendo la diversa interpretazione data dagli alleati di governo – l’intervenuta riforma del codice di procedura penale.
Nei panni di fustigatore e bombardiere della prescrizione il guardasiggilli grillino si sarà sentito spiazzato dai conti che gli ha fatto in casa, diciamo così, il buon Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera con un articolo dal quale risulta che il fenomeno dei processi condannati dalla loro lunghezza è in progressiva e consolante riduzione.
LA BOMBA ATOMICA DELLA PRESCRIZIONE
In particolare, le prescrizioni sono passate dalle quasi 214 mila del 2004 ai circa 130 mila di quest’anno ormai avviato a conclusione. La riduzione è stata quindi del 58 per cento. E anche in un contesto così meno consistente e drammatico, la prescrizione ha continuato a scattare per oltre la metà dei casi, sino addirittura al 70 per cento, non durante i processi ma durante le indagini preliminari: cioè, nelle esclusive mani dei pubblici ministeri, senza l’aiuto, il concorso e quant’altro degli avvocati recentemente liquidati dal pur loro collega Bonafede come gli “azzeccacarbugli” di memoria manzoniana.
Si sta insomma ripetendo per la prescizione il fenomeno dell’allarme più percepito che reale dell’aumento della criminalità e dell’immigrazione, che pure ha fatto e continua a fare le fortune elettorali di Salvini e del suo partito.
Luigi Ferrarella, che ho avuto il piacere di sperimentare per la sua serietà come cronista giudiziario del Giorno negli ormai anni lontani della mia direzione, non rientra nell’elenco degli otto giornalisti di “schiena dritta” ed esemplare recentemente diffusa dal turista grillino in Nicaragua Alessandro Di Battista. Ma fra gli otto benemeriti della professione – ridotta da altri al livello della “prostituzione” – e facendo compagnia a Pietrangelo Buttafuoco, Marco Travaglio, Massimo Fini, Fulvio Grimaldi, Alberto Negri, Franco Bechis e Luisella Costamagna, c’è Milena Gabanelli, già assurta agli onori e all’ammirazione dei grillini come candidata alla presidenza della Repubblica. Ebbene, è proprio di Milena Gabanelli la firma affiancata sulla prima pagina del Corriere della Sera a quella di Luigi Ferrarella nella spalla – come si chiama in gergo tecnico – che restituisce alla prescrizione le sue reali dimensioni e svela i trucchi con i quali la si gonfia per storcere in senso giustizialista i rapporti fra diritto e società, fra magistrati e cittadini che hanno la disavventura di incrociare le toghe come indagati o imputati.