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Nuovo predellino nel centrodestra?

Centrodestra

I Graffi di Damato. Il ritorno alla normalità in bicicletta, e forse anche sul predellino di un’auto

Non so a voi, ma a me, abituato da ragazzo a seguirne le tappe – allora alla radio, prima dell’arrivo della televisione – e a farmi qualche chilometro di strada a piedi per vederne i partecipanti, e campioni, quando il percorso passava nelle vicinanze di casa, diciamo così, la notizia della conclusione di questa 104esima edizione del giro ciclistico d’Italia, improvvisamente comparsa su qualche prima pagina di giornale, è stato un po’ il segno di un ritorno alla normalità. O quasi, in questi tempi di pandemia: più ancora di quei “soli” 44 morti e 2949 contagiati di giornata, che sono pure tanti, a pensarci bene.

Di questa edizione del giro d’Italia in bicicletta, vinta dallo sconosciuto – almeno a me – colombiano ventiquattrenne Egan Arley Bernal Gomez, nella speranza di non averne trascritto male il nome, seguito in classifica generale dal “sorprendente” italiano di Ragusa di 33 anni Damiano Caruso, una qualche traccia visiva e acustica, fra notiziari televisivi e radiofonici, mi aveva raggiunto solo in occasione di un omaggio dei corridori in memoria delle 14 vittime della sciagura della funivia del Mottarone, visto il percorso del giro progettato nelle vicinanze. Una sciagura, quella del Mottarone, che giustamente continua ad occupare le prime pagine dei giornali, nelle ultime ore – in verità – più che per lo strazio nel ricordo delle vittime, per la “sorpresa” procurata a tanti improvvisati garantisti, evidentemente, dalle divergenze di vedute e di scelte fra gli uffici dei pubblici ministeri e dei giudici.

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È inutile, sotto sotto la maggioranza di questa nostra Italia rimane un po’ manettara, a dispetto del recente ravvedimento di Luigi Di Maio – che ha moltiplicato la confusione già esistente nel suo movimento stellare procurandogli la derisione del Fatto Quotidiano, tornato anche oggi a rimproveragli le scuse all’ex sindaco di Lodi assolto – e della scoperta dell’utilità e bellezza dei referendum di Marco Pannella sui temi della giustizia da parte di Matteo Salvini. Il cui partito, la Lega, è pur quello che partecipò nell’aula di Montecitorio – con quel cappio sventolato contro gli inquisiti – alle feste del giustizialismo alimentate ogni giorno dagli arresti o dai soli avvisi di cosiddetta, cioè falsa garanzia sulla cui strada si inseguivano ormai le Procure della Repubblica. Che si guadagnò per questo il giusto soprannome della Repubblica delle Procure, a senso invertito rispetto alla Costituzione in vigore pur dal lontano 1948.

Ora il neo-garantismo, oltre al neo-europeismo, del partito non più di Umberto Bossi – che pure era diventato di casa ad Arcore dopo un inizio tempestoso dei rapporti di cosiddetta alleanza col padrone della Villa San Martino – ma del suo successore ed ex vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno, sembra avere a tal punto convinto Silvio Berlusconi da fargli venire la voglia di unire la sua ormai declinante Forza Italia alla Lega. Ciò consentirebbe peraltro a Salvini di liberarsi dall’incubo del sorpasso, all’interno del centrodestra, da parte dell’arrembante Giorgia Meloni col seguito del Fratelli d’Italia. L’anticipazione, chiamiamola così, è stata fatta sulla sua Verità da Maurizio Belpietro evocando l’avventura, non del tutto felice per il fallimento che ne seguì, del Pdl inteso come partito unico di berlusconiani e finiani. L’operazione fu lanciata dallo stesso Berlusconi sul predellino di un’auto a Milano. Dove tutto in questo Paese sembra politicamente dover nascere, ma anche morire.

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