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L’ottimismo di Tria
I graffi di Damato sull’intervista rilasciata dal ministro dell’Economia Giovanni Tria carica di ottimismo
Annunciata nei titoli come una insofferente reazione alle polemiche nella maggioranza e nello stesso governo, spesso proprio su di lui, e come un severo invito a “smetterla di litigare” per operare davvero, e finalmente, al servizio del Paese e della sua necessità di crescere, il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha concesso a Repubblica un’intervista di segno assai diverso, se non opposto. Tanto è vero che alla fine l’intervistatore Francesco Manacorda, lui sì spazientito, avendo immaginato o atteso quello che è poi è comparso praticamente solo nei titoli, gli ha chiesto se non si sentisse a disagio parlando come “il Candido di Voltaire, convinto di vivere nel migliore dei mondi”. E lui, candidamente, per rimanere sul letterario, ha risposto: “Non Le ho detto affatto che tutto va bene. Le dico che dobbiamo lavorare perché vada meglio. E il mio lavoro è fare in modo che la sintesi politica sia non solo compatibile con i numeri del nostro bilancio, ma anche che configuri una politica economica coerente”. Sono parole di politichese puro, da professionista del linguaggio aperto a tutte le letture e interpretazioni, secondo i gusti, le necessità, le opportunità dell’uditorio.
SERAFICO TRIA
A dispetto di tutte le cronache politiche, fatte di virgolettati per niente anonimi, senza parlare dei retroscena che di per sé vanno presi con le pinze, il professore Tria ha assicurato che “partecipando all’attività di governo, non si vive quello che si legge sui giornali. Nessuno mai in Consiglio dei Ministri -ha aggiunto- è venuto a dirmi le cose che leggo”. E tanto meno a chiedergli le dimissioni, che lui non ha comunque nessuna intenzione o tentazione di presentare perché “il mio posto, fino a quando sono utile, è stare al governo”, ha detto riservando probabilmente la valutazione della “utilità” a se stesso e al presidente della Repubblica che lo ha nominato, sia pure su proposta, come dice la Costituzione, del presidente del Consiglio. A buon intenditore poche parole, dice un vecchio e mai così appropriato proverbio.
Si, è vero, lo stesso Tria ha parlato recentemente col Corriere della Sera, senza smentire, di avere ricevuto “attacchi da spazzatura”, con incursioni anche in vicende e persone di famiglia. Ma -ha assicurato il professore- sono cose arrivate da ambienti “estranei” alla politica. E se al vice presidente leghista del Consiglio nonché ministro dell’Interno Matteo Salvini è capitato di dire, parlando proprio di lui, che la cosiddetta tassa piatta e altro ancora o si fanno presto o si cambia mestiere, facendo per esempio il panettiere, Tria ha seraficamente risposto che quello “del fornaio è un lavoro rispettabile”.
LA QUESTIONE DELLA FLAT TAX
Intanto la questione della tassa piatta potrebbe anche essere menzionata nel documento di programmazione economica e finanziaria, ma sicuramente non con i vincoli e nelle modalità che si aspetta il leader leghista. Vi sarà solo -ha anticipato il ministro con un altro ricorso al politichese stretto- “una continuazione della riforma fiscale nella direzione del programma di governo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica”. Si è quasi incantati dalla capacità di questo professore orgogliosamente tecnico di economia di aggirare ostacoli e problemi creati dal dibattito politico e, ancor più in particolare, dalla campagna in corso per le elezioni europee, regionali e amministrative di fine maggio.
SULLA TENUTA DEL GOVERNO E DELLA MAGGIORANZA
Il clima elettorale non sembra preoccupare più di tanto il ministro prestato al Paese dall’Università romana di Tor Vergata, convinto com’è che la maggioranza continuerà comunque ad avere “un potenziale di stabilità politica che altri Paesi non hanno”: Paesi che ci circondano e di cui non dovremmo neppure invidiare le migliori condizioni economiche, o una minora decrescita, perché “l’Italia -ha detto Tria- rimane solida, nei fondamentali”. Così diceva anche Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi prima della crisi finanziaria che lo costrinse nell’autunno del 2011 alle dimissioni.
IL PROBLEMA DEL DEBITO
Anche il debito pubblico italiano, l’unico che risulti in crescita rispetto agli altri dati economici, è certamente “un problema” per il nostro Paese, ha riconosciuto Tria, “ma non un rischio per gli altri”. Dai quali non a caso, del resto, il ministro è riuscito nell’Unione Europea -risolvendo un problema anche nel governo e nei rapporti con le associazioni dei risparmiatori- a ottenere il consenso per liquidare nel modo più generoso possibile i danni procurati ai loro clienti dalle banche minori che sono fallite negli ultimi tempi. Si calcola che saranno rimborsati circa il 90 per cento dei danneggiati: più rapidamente quelli che hanno un reddito non superiore ai 35 mila euro lordi o un patrimonio mobiliare non superiore a 100 mila euro, e meno gli altri. Le cui condizioni di truffati dovranno essere valutate da una commissione.