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Pd unito sul Gay Pride?

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Elly Schlein va a cercare alleanze e simpatie al gay pride di Roma… I Graffi di Damato

Fallito il tentativo di arruolare anche Giuliano Amato nella Resistenza, con la maiuscola, ad una Giorgia Meloni dall’incedere sempre più ”autoritario”, la Repubblica è tornata a scommettere su Romano Prodi nella sua festa annuale a Bologna, stavolta favorita dall’assenza dalle edicole del concorrente Corriere della Sera, appiedato da uno sciopero di due giorni di straordinario autolesionismo.

Prodi ha soddisfatto -credo- le attese dell’operazione anche a costo di rovesciare la posizione  assunta nei rapporti con Elly Schlein qualche tempo fa, quando la invitò -appena eletta alla segreteria del Pd- di occuparsi prima della identità del partito e poi delle sue conseguenti alleanze. Ora invece l’ex presidente del Consiglio ha ammonito la sua fan- salita sul palcoscenico della politica nel 2013 protestando contro la mancata elezione dello stesso Prodi al Quirinale, tradito nelle urne di Montecitorio da ben più dei 105 formali franchi tiratori- che “se vogliamo perdere continuiamo ad andare avanti divisi. Per la vittoria -ha detto- serve un’ampia coalizione”. Possibilmente più coesa -mi permetterei di aggiungere- delle combinazioni di cosiddetto centrosinistra, o uliviste, da lui formate nel 1996 e nel 2006 per durare in entrambe le occasioni meno di due anni: la prima volta salvando la legislatura con i recuperi dei governi di Massimo D’Alema e di Giuliano Amato, la seconda portandosi appresso nella rovinosa caduta le Camere.  E restituendo direttamente Palazzo Chigi a Silvio Berlusconi. Questo per mettere le cose, diciamo così, al loro posto nella cronaca, se vi sembra troppo parlare di storia.

La Schlein, non so francamente se più per rispondere alle attese di Prodi o per lasciare ostinatamente invariata la sua agenda, è corsa in piazza a Roma a cercare alleanze e compagnia al gay pride, reso ormai famoso dal patrocinio negatogli all’ultimo momento dell’amministrazione regionale di centrodestra per non finire patrocinatrice anche della cosiddetta maternità surrogata: il ricorso all’utero in affitto per fornire di figli anche le coppie che non possono produrne per omosessualtà o eterosessualità infeconda.

Così la nuova e sfortunata segretaria del Pd, visto il suo poco felice esordio nelle elezioni amministrative del mese scorso, si è trovata in festosa compagnia col pubblico gay e arcobaleno provvisto, fra i tanti cartelli e magliette emblematiche della festa, di uno che reclamava con tanto di rima “-Meno Meloni+ricchioni e di una che opponeva “sorelle d’Italia” ai “fratelli d’Italia” dell’odiata premier italiana.

Immagino le reazioni più o meno intime   dei tanti che nel Pd aspettano con crescente insofferenza un chiarimento politico e provengono sia dalla sinistra democristiana sia dal Pci: il partito , quest’ultimo, che fu della orgogliosa ex ministra delle pari opportunità Anna Finocchiaro, appena distintasi per  un appello a non lasciare alla destra la lotta alla maternità surrogata.

 

TUTTI I GRAFFI DI DAMATO

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