L’INPS ha presentato il XXIV Rapporto annuale dell’Istituto, molti dati positivi e uno preoccupante: l’8,5% dei pensionati è ancora attivo a un anno dalla pensione
L’INPS, grazie all’enorme mole di dati di cui è depositario, riesce, meglio di qualunque altro istituto, a tracciare il quadro dello stato di salute dell’economia del nostro paese.
INPS CHIUDE IN POSITIVO LA GESTIONE FINANZIARIA DEL 2024
Questa mattina il presidente dell’INPS Gabriele Fava, alla presenza del vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè e del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Calderone, ha presentato il XXIV Rapporto annuale dell’Istituto snocciolando numerosi i dati positivi:
- record storico di 27 milioni di assicurati
- 771 milioni di servizi completamente digitalizzati
- crescita del 7,4% degli assicurati nel Mezzogiorno
- aumento dell’occupazione femminile (+ 6,7%) e di quella giovanile (+11,2%)
Inoltre, l’Istituto chiude in positivo la gestione finanziaria del 2024, con un avanzo di oltre 15miliardi, mentre quella finanziaria di cassa viene archiviata con un avanzo di quasi 42 miliardi. Un’ottima notizia per i conti dell’istituto.
INPS ACCENDE LA LUCE SUL FENOMENO DEI PENSIONATI LAVORATORI
Tra tutti questi dati positivi, però, ne spicca uno che getta una luce preoccupante sulla condizione di una parte dei pensionati italiani e che impensierisce chi alla pensione si avvicinerà. L’8,5% dei pensionati è ancora attivo a un anno dalla pensione. “L’analisi si concentra su un campione di 123.893 beneficiari di pensione di vecchiaia o anzianità, con trattamento avente decorrenza 2021 o 2022, nati nel 1950 e a seguire – si legge nel rapporto dell’Istituto -. Dall’incrocio dei dati del Casellario delle Pensioni con gli estratti conto contributivi emerge che, un anno dopo il pensionamento, l’8,5% di questi è attivo nel mercato del lavoro”.
IL 21,6% DEGLI AGRICOLTORI NON RIESCE A SMETTERE DI LAVORARE
Una tendenza a cui prestare attenzione, soprattutto consideriamo che quella della pensione dovrebbe essere una fase di riposo e riassetto della vita privata dopo i decenni dedicati al lavoro. Non è così, soprattutto per alcune categorie di lavoratori. “La quota di pensionati ancora attivi raggiunge il 21,6% tra i pensionati del settore agricolo, il 19,2% tra gli ex artigiani e commercianti e il 27,4% tra i pensionati di altri enti e gestioni previdenziali (diverse dal FPLD) – continua il rapporto dell’Istituto -. La prosecuzione dell’attività lavorativa dopo il pensionamento è meno frequente tra i pensionati del settore pubblico (0,9%) e tra i lavoratori dipendenti del settore privato (5,5%). Particolare attenzione meritano anche i valori osservati tra i pensionati con precedenti rapporti di lavoro parasubordinato (9,5%), una categoria connotata da una traiettoria occupazionale peculiare, e tra coloro che hanno avuto accesso alla pensione attraverso istituti di totalizzazione o cumulo
CHI CONTINUA A LAVORARE CON PENSIONI ELEVATE
Ma perché alcuni pensionati continuano a lavorare? La risposta più semplice potrebbe fare pensare che l’importo modesto della pensione non consente di mantenere uno stile di vita accettabile. Non per tutti è così. Il confronto tra l’importo delle pensioni percepite da chi prosegue un’attività lavorativa e da chi, invece, esce definitivamente dal mercato del lavoro mostra che i pensionati che proseguono un’attività lavorativa percepiscono, in mediana, pensioni più elevate rispetto a coloro che non lavorano. “Questo dato suggerisce che la prosecuzione dell’attività lavorativa è più frequente tra chi dispone di una posizione previdenziale relativamente solida, oltre a rappresentare una componente economicasignificativa, che può superare anche l’importo del trattamento pensionistico. “Tra chi si pensiona a 70 o più anni, la probabilità di lavorare di chi si colloca nella fascia media o più elevata di reddito pensionistico è di oltre 1.5 punti percentuali superiore a quella di chi è nella fascia bassa. La maggiore propensione al lavoro tra i percettori di pensioni più elevate potrebbe riflettere condizioni professionali più solide e la possibilità di svolgere attività residuali meno faticose e più flessibili, spesso legate a forme di lavoro autonomo o consulenziale”, scrive l’INPS.
I PENSIONATI PIÙ GIOVANI CONTINUANO A LAVORARE PER NECESSITÀ
Altri dati interessanti arrivano dall’interazione tra età e importo pensionistico. “Quando il pensionamento avviene a un’età relativamente bassa (inferiore a 64 anni), la probabilità di continuare a lavorare è leggermente più elevata per chi percepisce le pensioni più basse – prosegue il rapporto -. La differenza nella propensione a continuare a lavorare tra le diverse fasce di importo è comunque ridotta, nell’ordine di un punto percentuale”. Questi dati suggeriscono che tra i pensionati più giovani la decisione di continuare a lavorare è in parte legata all’esigenza di integrare una pensione di importo modesto. “Non a caso, i pensionati che si collocano nella fascia di reddito più bassa e che si ritirano dal mercato del lavoro relativamente presto appartengono in larga parte alle gestioni degli agricoli e degli artigiani e commercianti, ovvero lavoratori con livelli di reddito e di contribuzione generalmente contenuti e per i quali la prosecuzione dell’attività lavorativa può rispondere a una necessità economica più che a una libera scelta. Al contrario, tra chi accede alla pensione in età più avanzata, l’effetto dell’importo pensionistico si fa più evidente e la correlazione con la prosecuzione dell’attività diventa positiva”. L’analisi dell’Istituto evidenzia che età e importo pensionistico si combinano “in modo significativo nell’influenzare la probabilità di lavorare dopo il pensionamento”. In particolare, per i pensionati più giovani “la scelta di continuare a lavorare è spesso legata a esigenze economiche più che a una volontà di proseguire il proprio percorso professionale”.