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Per Fini le difficoltà di Meloni di tagliare con i fascisti fuori linea con Fiuggi e pure con Almirante

Fini Meloni

Fini sulle violenze di FN e sulle difficoltà di Meloni a tagliare i ponti con gli estremisti: «Come la penso? La penso esattamente come la pensavo ai tempi della svolta di Fiuggi a proposito del fascismo e dell’antifascismo come momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici che erano stati conculcati»

Tentenna Giorgia Meloni. Ammicca alle formazioni d destra, dichiaratamente neofascite e squadriste per modus operandi. Ma non chiude loro la porta. Forse perché ricorda com’è stato apostrofato Gianfranco Fini, il leader che l’ha preceduta, dopo la svolta di Fiuggi che ha portato alla nascita di AN dopo la cesura, piena, col fascismo. E a ‘parlare’, nel retroscena odierno di Fabio Martini su La Stampa, è proprio l’ex delfino di Almirante, sparito politicamente dopo essere entrato in rotta di collisione con Silvio Berlusconi, che gli scatenò contro tutto il suo potere massmediatico.

Ufficialmente, l’ex presidente della Camera non prende posizioni su Giorgia Meloni e il suo nicchiare su FN, ma i virgolettati che il quotidiano torinese consegna agli elettori sono circostanziati e precisi. «Come la penso? La penso esattamente come la pensavo ai tempi della svolta di Fiuggi a proposito del fascismo e dell’antifascismo come momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici che erano stati conculcati». «Nel gennaio del 1995, al congresso di Fiuggi, io fui agevolato da Rauti e Pisanò che si portarono dietro tutti coloro che avevano avversato la nascita di An e la sua carta d’intenti».

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Conclude Fabio Martini: “in effetti, […] la reticenza di Giorgia Meloni a prendere le distanze dai picchiatori di Forza Nuova in quanto neo-fascisti, in qualche modo è fuori linea anche rispetto a Giorgio Almirante. Il repubblichino capo storico della destra post-fascista italiana, tra 1978 e 1979 si incontrò in modo segretissimo col segretario del Pci Enrico Berlinguer […] come racconta Federico Gennaccari, editore e storico della destra missina – «i due leader pur così diversi colsero il rischio di una deriva terroristica di aree giovanili da loro oramai lontane ma che in qualche modo appartenevano ai rispettivi album di famiglia. E si scambiarono informazioni e pareri sulla pericolosa deriva in corso»”.

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