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Perché la Meloni si fida (sempre di più) di Nordio

Nordio

I graffi di Damato

Ospite televisivo, sia pure a distanza, di Fabio Fazio su Rai3, collegato dalla sua abitazione a Treviso fra libri che ritengo abbia tutti letto, e non esposti alle spalle per arredamento, Carlo Nordio si è rivelato “l’uomo giusto al posto giusto” -parole della premier Giorgia Meloni- non solo come ministro della Giustizia. Che è titolare per espressa norma costituzionale -l’articolo 107 dimenticato o ignorato da critici e avversari nei giorni scorsi-  della insindacabile “facoltà di promuovere l’azione disciplinare” verso le toghe. Sulle quali giudizio ed eventuali misure sono affidati, a tutela della loro indipendenza e autonomia, al Consiglio Superiore della Magistratura, non alla piazza come accade a tanti malcapitati dopo un avviso di garanzia.

Nordio si è rivelato l’uomo giusto al posto giusto anche sul piano culturale e politico, ora che è un parlamentare eletto, prima ancora che Guardasigilli, parlando della festa della Liberazione in questi giorni e in queste ore intossicate dalle solite polemiche, questa volta più rumorose e astiose del solito. E ciò per qualche “sgrammaticatura istituzionale” di certo, come Giorgia Meloni ha definito alcune sortite del suo amico e collega di partito Ignazio La Russa, presidente del Senato e quindi seconda carica dello Stato, ma anche o soprattutto per la prima volta di una destra. e di una donna, alla guida del governo. Una destra che, per quanto svezzata a suo tempo da Gianfranco Fini riconoscendo non a parole ma per iscritto, su tanto di documenti di partito, il valore dell’antifascismo, si trova sottoposta ad esami che non finiscono mai, come da una vecchia e celeberrima commedia di Eduardo De Filippo.

Persino Fini, uscendo dalla nebbia politica dove sembrava finito mancando il ritorno alla Camera anche come semplice deputato dopo averla presieduta, ha un pò bacchettato la Meloni, parlandone in televisione con Lucia Annunziata, per non averlo sinora seguito esplicitamente sulla strada dell’antifascismo da lui imboccata entrando nell’area di governo dove lo aveva portato, sdoganandolo, Silvio Berlusconi nel 1994. Più ancora di Fini si è mostrato fiducioso o ottimista su Meloni un altro ex presidente della Camera di segno opposto: Luciano Violante parlandone al Corriere della Sera.

Nordio -per tornare a lui- ha risposto ad una domanda di Fazio sulla festa appunto della Liberazione e sulle polemiche che l’hanno accompagnata proponendo sacrosantamente di fare del 25 aprile una ricorrenza non solo italiana ma europea. Fu tutta l’Europa infatti a suo tempo, anche quella destinata poi a cadere sotto la dittatura sovietica, ad essere liberata dal nazifascismo. Nessuno ora la sente decentemente minacciata, per quanto forte sia diventata la destra in Francia e nei paesi nordici nelle ultime elezioni, e non solo in Italia. Nessuno, ripeto, è decentemente allarmato, essendo con tutta evidenza indecente il tentativo di Putin di giustificare la sua sanguinosa aggressione all’Ucraina reclamandone e realizzandone nei territori occupati una presunta “denazificazione”.

Non vi sono sgrammaticature istituzionali -ripeto- lamentate dalla premier in persona né errori di ignoranza, peraltro confessata, come quello del ministro cognato della stessa Meloni, Francesco Lollobrigida, sulla minaccia incombente di una “sostituzione etnica” cinicamente programmata o teorizzata da nuovi schiavisti, che possano giustificare i muretti, i muri e i fili spinati più o meno costruiti in questi giorni da una politica italiana litigiosa, pronta a strumentalizzare tutto e tutti per dare un contenuto a questo o a quel partito abituato a vivere di slogan e non di programmi, di populismo e non di popolo, di fake news e non di notizie vere.

Su questa strada temo che la sinistra -secondo me suicida dai tempi che in cui “disconobbe”, come ha detto recentemente Stefania del padre, o espulse Bettino Craxi come un volgare delinquente per avere cercato di modernizzarla- si lascerà scappare anche l’occasione offertale dal ruolo di opposizione, peraltro assegnatosi volontariamente nelle ultime elezioni politiche, per rigenerarsi finalmente e offrire una credibile, realistica alternativa alla destra arrivata alla guida del governo senza alcuna marcia su Roma, semplicemente  per libera scelta dei cittadini non per questo nostalgici del fascismo, non foss’altro per ragioni semplicemente anagrafiche.

Dico pertanto grazie  anche per questo  a Nordio, ripeto, non solo come ministro della Giustizia. La nostra salvezza è davvero solo o soprattutto in Europa, liberandone i paesi non solo e non tanto dai vecchi e nuovi nazionalismi, o sovranismi, ma da quelli che sono ormai provincialismi. E nulla di più.

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