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Perché le donne lavorano sempre meno
Come cambia e come sta cambiando, nel dopo pandemia, il tasso di donne che lavorano
La pandemia da coronavirus ha incrementato ulteriormente la distanza fra uomini e donne nel mondo del lavoro. Se nel corso dell’anno 2019 in Italia lavorava il 48,9% delle donne di età fra i 15 e i 64 anni, nel 2020 siamo scesi al 47,7%. Il 2022 non fa assolutamente ben presagire e il tasso occupazionale femminile è destinato a calare di quasi 1 punto percentuale rispetto all’anno precedente: a luglio hanno lavorato 33mila donne in meno rispetto allo stesso mese del 2021 e la maggior parte dei nuovi contratti sono part time.
Il lavoro a tempo parziale, di cui le donne fanno un largo utilizzo per conciliare la gestione familiare, è aumentato nel 2022 e sarà usufruito da quasi il 38% delle lavoratrici. Al sud la situazione è peggiore. Molte donne lavorano a nero o non lavorano. Molte hanno contratti part time a pochissime ore giornaliere. Il tasso di occupazione femminile nella fascia 15-64 anni nel Mezzogiorno è al 32% circa, contro il 59% circa del Centro-Nord e del 63% nell’Unione europea. Il tracollo però vi è stato soprattutto al Centro-Nord per quasi il 70% circa che corrisponde a quasi 200mila posti di lavoro persi da parte delle donne. Lo riporta una ricerca di Susini Group S.t.P., studio di Firenze leader nel settore della consulenza del lavoro.
Sempre secondo Susini Group, le motivazioni dell’incremento di questo divario di genere nel periodo pandemico sono da rinvenirsi sicuramente in primis nel fatto che nei primi dieci mesi di coronavirus si sono persi 444mila posti di lavoro dei quali oltre 310mila sono quelli delle donne. La maggior parte sono state costrette ad abbandonare l’attività in quanto non riuscivano a conciliare il lavoro con la gestione familiare che si è andata ulteriormente a complicare per coloro che si sono trovate a dover fare i conti con i figli minorenni a casa e in DAD. Automaticamente, anche il reddito prodotto dalle donne italiane ha subito un duro contraccolpo in questi ultimi due anni. Se nel 2020 il guadagno medio dichiarato al fisco dalle signore era di 16.550 euro, contro i 24.285,00 degli uomini (con un gap di circa 7.700,00 euro), nel 2022 rischia di crollare ulteriormente. Si presume che, se non avviene un auspicabile cambio di rotta, la differenza di reddito potrebbe aumentare fino ad euro 8.500,00 annui. L’importo dichiarato dalle donne potrebbe risultare inferiore a quello degli uomini di ben oltre il 38% e il numero delle donne occupate di età fra i 15 e i 64 anni scendere sotto il 47%.
«Occorre che il governo metta in atto delle politiche attive sul lavoro che aumentino l’occupazione femminile anche prevedendo incentivi a favore delle imprese più virtuose che nel tempo attenuano il loro gap di genere. Occorre utilizzare parte del PNRR, tenuto conto che lo stesso riconosce la parità di genere come priorità, per individuare investimenti che possano favorire la loro inclusione e permanenza sul luogo di lavoro a tempo pieno potenziando i servizi educativi dell’infanzia, aumentando gli asili nido e soprattutto la fascia di apertura degli stessi», dichiara Sandro Susini, fondatore di Susini Group S.t.P..