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Perché Melillo fa sbroccare Travaglio sul contiano De Raho
Commenti e reazioni dei giornali all’audizione di Melillo in commissione Antimafia. Con il Fatto di Travaglio che difende il contiano De Raho… I Graffi di Damato
Sta dando effetti clamorosi l’allarme lanciato a suo tempo da Guido Crosetto – prima ancora di avvertire il rischio di una cosiddetta “opposizione giudiziaria” al governo – contro l’accesso abusivo a notizie riservate riguardanti la sua persona e gli affari precedenti alla nomina a ministro della Difesa, insinuando così conflitti d’interesse quanto meno potenziali. Che avrebbero potuto offuscarne l’immagine, peraltro nel momento in cui le sue funzioni di governo aumentavano di esposizione in un contesto internazionale fatto di guerre mondiali “a pezzi”, come usa chiamarle il Papa.
È durato solo lo spazio di qualche ora il tentativo compiuto ieri dalla Stampa di minimizzare le indagini aperte dopo la denuncia di Crosetto attribuendo, non si è capito bene se a torto o a ragione, al capo della Procura della Repubblica di Perugia, Raffaele Cantone, la convinzione che vi siano stati sì accessi indebiti a notizie riservate ma senza produrre dossier o dossieraggi.
COSA HA DETTO MELILLO ALLA COMMISSIONE ANTIMAFIA
Giovanni Melillo, ascoltato ieri dalla Commissione parlamentare antimafia in qualità di procuratore nazionale anche lui antimafia, ha parlato invece di “un mercato delle informazioni riservate”, come ha titolato Il Messaggero. Che è francamente difficile pensare limitato a parole sussurrate all’orecchio, telefonate, casuali incontri al bar o al ristorante. Di un dossieraggio, diciamo la verità, si sente eccome una certa puzza. Che ve ne siano stati altri in passato non attenua ma aumenta la gravità perché autorizza a pensare a una cattiva pianta lasciata colpevolmente crescere o riprodursi.
L’ACCUSA DEL FATTO
Melillo ha parlato con apprezzabile franchezza delle condizioni precarie, a dir poco, della sicurezza trovate nel suo ufficio quando vi arrivò. E ciò lo ha esposto sul Fatto Quotidiano all’accusa di essersi unito agli attacchi arrivati in questi giorni da destra al suo predecessore Federico Cafiero de Raho, oggi parlamentare del Movimento 5 Stelle, come l’ex Procuratore Generale della Corte d’Appello di Palermo Roberto Scarpinato.
Ciò dovrebbe consigliare, diciamo così, ai magistrati di non cadere nella tentazione di far seguire carriere politiche alle proprie carriere giudiziarie per non danneggiare né le une né le altre, esponendole a sospetti magari infondati ma pur sempre sgradevoli. Le cosiddette porte girevoli con la politica non sono consigliabili né durante una delle due carriere né dopo.
Altrettanta serietà è imposta ai giornalisti e ai giornali, specie a quelli che vantano di essere “d’inchiesta, nei loro contatti con le fonti informative riservate. Come la giustizia, anche l’informazione avrebbe molto da guadagnare dalla proposta dell’ex presidente della Camera Luciano Violante di separare bene, prima ancora delle carriere dei pubblici ministeri e dei giudici, quelle dei magistrati e degli agenti dei servizi segreti o riservati e dei giornalisti che ne scrivono. E questo specie nell’Italia che Il Foglio ha giustamente definito, in rosso, “dei colabrodi giudiziari”.