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“Perché non introdurre lo sciopero virtuale?” Parla l’ex ministro Sacconi

Sciopero

La Commissione di garanzia sugli scioperi ha stabilito che la mobilitazione del 17 novembre, voluta da Cgil e Uil, non ha i requisiti di uno sciopero generale. L’intervista all’ex ministro del Lavoro Sacconi

Mancano i requisiti dello sciopero generale. Questo è quello che ha deciso la Commissione di garanzia sugli scioperi circa la mobilitazione chiamata dai sindacati Cgil e Uil. Tuttavia, le confederazioni sindacali vanno avanti. “Confermiamo la proclamazione dello sciopero generale e le sue modalità di svolgimento per la giornata del 17 novembre – hanno scritto in una nota congiunta Cgil e Uil -. Non condividiamo la decisione assunta dalla Commissione di garanzia. Si tratta di un’interpretazione che non riconoscendo la disciplina dello sciopero generale, mette in discussione nei fatti l’effettivo esercizio del diritto di sciopero sancito dalla Costituzione a tutte le lavoratrici ed i lavoratori”. Tra le motivazioni della protesta c’è la politica salariale, la critica alla legge di bilancio ritenuta carente nei confronti del contrasto all’impoverimento dei lavoratori e dei pensionati. 

Del prossimo sciopero e delle rimostranze dei sindacati ne abbiamo parlato con l’ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. 

Il prossimo venerdì 17 novembre Cgil e Uil hanno convocato uno sciopero generale. L’Autorità garante degli scioperi ha detto però che mancano i requisiti. Lei cosa ne pensa?

La Commissione di garanzia e il suo presidente si stanno preoccupando del problema della rarefazione degli scioperi nei trasporti e quindi della tutela degli utenti che deve essere equilibrata con il diritto allo sciopero. Credo che il tema debba essere affrontato con qualche strumento in più rispetto a quelli che ha a disposizione la Commissione.

Cosa intende?

Ricordo di avere presentato un disegno di legge di governo che proponeva la dichiarazione anticipata di adesione allo sciopero da parte dei lavoratori delle aziende di trasporto. In questo modo è possibile offrire all’utenza una esatta informazione circa i servizi che, nel giorno stabilito, funzioneranno. Quindi c’è un problema di rarefazione, ovvero di intervallo tra uno sciopero e l’altro, e c’è un problema, però, anche di più corretta informazione all’utenza. Perché altrimenti il solo annuncio dello sciopero genera un danno agli utenti e magari non è nemmeno accompagnato dallo sciopero stesso perché potrebbe essere ritirato nelle ultime ore senza che nemmeno questa novità possa essere comunicata per tempo.

Quindi servirebbe rafforzare l’informazione agli utenti.

Il problema è la tutela della mobilità che deve essere bilanciata con il diritto allo sciopero. La mia proposta, che non ebbe fortuna perché il governo cadde, è stata ripresa anche dal precedente presidente della Commissione di garanzia e oggi vedo che anche il professor Pietro Ichino la riprende, un autorevole giuslavorista che appartiene all’area della sinistra. Quindi il tema è: come garantire intervalli adeguati tra gli scioperi nei trasporti e come garantire una informazione adeguata all’utenza.

Il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri ha detto che gli esperti dell’Autorità sono nominati da questo governo, lei cosa ne pensa?

Che non è vero perché sono nominati dai presidenti delle Camere come tutti quelli precedenti.

Lei ha parlato di rarefazione degli scioperi. Chi vive in grandi città sa, purtroppo, che spesso il venerdì potrebbe essere una giornata nera per i trasporti. Il ricorrere frequentemente agli scioperi non finisce per indebolire il giusto strumento di protesta?

La questione della rarefazione è che non può succedere che insistentemente, ogni venerdì come dice lei, quindi addirittura nello stesso giorno, ci sia l’annuncio di una non meglio precisata interruzione dei servizi, al netto delle fasce garantite. Nel disegno di legge di cui le parlavo prima si ipotizzava la libera possibilità per il sindacato di scegliere lo sciopero virtuale, impegnando la controparte a una onerosa partecipazione a un fondo da destinare a obiettivi condivisi. Cioè si ipotizzava che in caso di sciopero virtuale, i lavoratori che vi aderiscono manifestano con una fascia al braccio o con un segno di riconoscimento, il loro stipendio viene decurtato e va in questo fondo ma, contemporaneamente e in misura maggiore l’azienda, deve versare a questo stesso fondo per obiettivi che le parti possono condividere.

L’abuso dello sciopero non rende, per i cittadini che lo subiscono, anche meno comprensibili le sue ragioni?

Non c’è dubbio che l’abuso dello sciopero, soprattutto quando si realizza non solo in danno della produzione, ma addirittura in danno della collettività, come nel caso del trasporto, non determina certo attenzione o addirittura consenso all’iniziativa sindacale. Per questo bisognerebbe riprendere una discussione sullo sciopero virtuale perché sarebbe giusto che le parti, in determinate situazioni, potessero scegliere l’adozione dello sciopero virtuale.

Secondo lei questo è uno sciopero politico?

C’è sempre una dimensione politica in senso ampio, in ogni azione di sciopero, soprattutto se estesa. È significativo che la Cisl non vi aderisca.

Perché è significativo?

Perché evidentemente c’è una divisione nelle grandi confederazioni sindacali per cui qualche motivo, qualche solido motivo ci deve essere.

– Leggi anche: Perché sullo sciopero generale il garante dà ragione a Salvini

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