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Democrazia, Usa, Ue e Russia. Cosa pensava il prof. Ferrarotti

Franco Ferrarotti

Lo sguardo acuto del “vegliardo neonato” Franco Ferrarotti: cosa pensava il professore della democrazia, dell’intelligenza artificiale e dello stato di salute dell’Unione europea

Il 13 novembre è scomparso, all’età di 98 anni, il prof. Franco Ferrarotti, padre della sociologia in Italia, l’accademico a cui, forse più di tutti, si deve l’istituzionalizzazione della sociologia, come scienza autonoma, nel nostro paese.

Pubblichiamo un colloquio che il direttore editoriale Michele Guerriero ha avuto con il prof. Franco Ferrarotti la scorsa estate. L’intervista è stata pubblicata nel secondo volume del quadrimestrale di Start Magazine.

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L’amour est dans le touche. “Oggi, invece, si vede tutto ma non si tocca niente”. Con questo pensiero, che oltrepassa i confini erotici, Franco Ferrarotti, professore emerito della Sapienza e decano della sociologia italiana, ci spiega perché la democrazia oggi è in pericolo. Un uomo che si definisce “vegliardo neonato” e che ha alle spalle molte vite: traduttore, fondatore, insieme al prof. Nicola Abbagnano, dei “Quaderni di Sociologia” e, successivamente, de “La critica sociologica”, diplomatico per la OECE, collaboratore di Adriano Olivetti e deputato per Movimento Comunità.

LE AUTOCRAZIE ORIENTALI MINACCIANO LE DEMOCRAZIE SECONDO FERRAROTTI

Il primo pericolo cui è esposta la democrazia arriva dalla nuova, vitale, stagione che stanno attraversando le autocrazie orientali. “La Cina e la Russia, e la teocrazia terribile, che è l’autocrazia iraniana – spiega Ferrarotti -. Ormai noi siamo in presenza di una democrazia – mi duole molto doverlo dire – che i politologi hanno castrato. Gli stessi grandi, noti, celebri Norberto Bobbio e Giovanni Sartori, mio collega a Firenze all’Istituto Alfieri, hanno ridotto la democrazia a pura procedura formale. Sa cosa mi dicevano? Che chi vuole la democrazia deve contentarsene. Secondo me, dietro questi due illustri conservatori c’era il fantasma, o la paura, che la democrazia, non più come sola procedura, ma anche come contenuto, potesse farci andare alla deriva della famosa democrazia sociale, passare dalla democrazia dell’austro-marxismo. Temevano il fantasma di Karl Kautsky, di Marx Adler: dalla democrazia politica alla democrazia sociale. Avevano paura di questo. Ma in questo modo, però, hanno indebolito la democrazia, riducendola a pura procedura. Io, invece, ero portato a pensare che la democrazia nasce tra lacrime e sangue; nasce per le lotte, come quella per il suffragio universale, come quella combattuta dalle famose suffragette a fine ‘800 a Londra. E poi le grandi lotte per l’eguaglianza. Oggi invece la democrazia diventa plutocrazia”.

COME STANNO USA, RUSSIA E CINA

In questo scenario il ruolo degli Stati Uniti d’America, come più forte e ricca democrazia del mondo, diventa cruciale. Tuttavia, non arrivano segnali rassicuranti da Oltreoceano. “Oggi vedo, e sono molto preoccupato ma, naturalmente, le preoccupazioni di un vegliardo non contano niente, la democrazia in pericolo perché gli Stati Uniti, per esempio, si apprestano alle elezioni di novembre e sono di fronte a una scelta tra un capitalista piratesco miliardario, Trump, e dall’altra un vecchio modesto senatore – aggiunge Ferrarotti -.E si trova a competere con una Cina che sta invadendo i mercati, e una Federazione russa che, addirittura, osa criticare Lenin, che riconobbe l’indipendenza ucraina nel 1917-1918, e addirittura sogna la grande Russia non sovietica, la grande Russia imperiale dei Romanov, che dal grande ducato di Mosca si estende su tutta l’Europa, compresa quella occidentale. Siamo in un momento grave perché la democrazia ridotta a procedura rischia il suicidio. La mia tesi è che nessuna democrazia è mai morta per colpi dall’esterno: pensiamo a Weimar; pensiamo alla stessa liberal democrazia italiana con l’avvento di Mussolini dopo la marcia su Roma, e ancora nel 1925, a poca distanza dal delitto Matteotti, con Benedetto Croce che votava ancora la fiducia a Mussolini sperando di cooptare il fascismo in funzione antisocialista”.

LO STATO DI SALUTE DELL’EUROPA

 Se Atene piange, Sparta non ride. Anche l’Europa è attraversata da lacerazioni e frenata da un’inazione che potrebbe essere la sua condanna. “L’Europa oggi non ha una politica estera unitaria. Ogni Stato europeo ha una sua storia, vivacità, cultura, una sua lingua, però ci vuole una politica unitaria, bisogna parlare con una voce sola – continua il professore -. Oggi l’Europa non ha un suo esercito perché naturalmente chi è che ha la forza di cacciare via i Capi di Stato Maggiore di 27 Stati? Di cosa dispone oggi l’Europa? Ha una moneta unica, ha una moneta sovrana senza sovrano, esposta a qualsiasi speculazione, è una moneta debole. Purtroppo, il sogno del mio amico Altiero Spinelli, il manifesto di Ventotene, è rimasto lettera morta. E oggi addirittura assistiamo a quanto ci raccontano questi sovranisti, non sufficientemente consapevoli, si parla di un’Europa ormai di Stati e staterelli. Finita, è un sogno incompiuto”.

SCENARI E PREOCCUPAZIONI SULLA DEMOCRAZIA 

E poi c’è la reticenza alla partecipazione. La scarsa affluenza elettorale è un altro dei segnali che rendono evidente quanto sia cagionevole la salute della democrazia. “È un segnale di pericolo che non può essere sanato dall’innovazione tecnologica – continua Ferrarotti -. Io non ho nulla contro le macchine, rappresentano un valore, ma è un valore strumentale non finale. La democrazia non è premere un tasto, la democrazia vuol dire partecipazione, discussione, anche animata, confronto fisico, presenza. Ora noi siamo dominati dalla comunicazione elettronica, planetaria, in tempo reale ma autoreferenziale, che nega l’altro, blocca il dialogo. Tutti comunicano e, oltretutto, non hanno niente da comunicare”. La democrazia vive nel confronto e nella relazione. “Viviamo nella povertà di esperienza, perché l’esperienza è andare sul posto, sporcarsi le scarpe, prendersi un raffreddore, guardare, parlare, toccare, non cliccare. La democrazia è un faccia a faccia. Il corpo, il linguaggio del corpo, l’occhiata… e poi gli italiani parlano più con le mani, con i gesti che non con le parole. Tutta la grande civiltà mediterranea è gestuale. E noi abbiamo bisogno di vedere l’altro, non solo di sentirlo ma vedere il corpo, toccarlo. C’era un grande naturalista francese che diceva “l’amour est dans le touche” cioè “l’amore è nel toccare”. Oggi, invece, si vede tutto, ma non si tocca niente”.

L’UOMO E LE MACCHINE

Lungi da essere una posizione “luddista”, Ferrarotti pone al centro del discorso l’uomo, le sue peculiarità e il suo, insostituibile, ruolo. “Io non ho niente contro la macchina – conclude il professore – ma la macchina funziona e l’uomo pensa, la macchina si spegne, si accende, si spegne, si riaccende… l’uomo è vivo o è morto. La macchina ripete sé stessa. L’uomo riflette”.

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