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Perché Vittorio Sgarbi rischia fino a 12 anni di carcere
“Quadro rubato e taroccato”, chiusa l’inchiesta sull’ex sottosegretario Vittorio Sgarbi
L’inchiesta su Vittorio Sgarbi, noto critico d’arte ed ex sottosegretario, è giunta a un punto cruciale con la chiusura delle indagini preliminari. La Procura di Macerata ha contestato a Sgarbi i reati di contraffazione di opere d’arte, riciclaggio derivante dal tentativo di nascondere la provenienza delittuosa del bene e autoriciclaggio, con un rischio di condanna fino a 12 anni di carcere. Al centro dell’inchiesta il tentativo di occultare la provenienza illecita di un dipinto del Seicento attribuito al pittore senese Rutilio Manetti.
IL DIPINTO AL CENTRO DELLA VICENDA: “LA CATTURA DI SAN PIETRO” DI MANETTI
Si tratta di una tela di grandi dimensioni intitolata “La Cattura di San Pietro”. Secondo la Procura, il dipinto sarebbe stato rubato nel 2013 dal castello di Buriasco, in provincia di Torino, e riapparso soltanto nel 2021, presentato come un’opera inedita del Manetti nella mostra “I pittori della luce” a Lucca, curata dallo stesso Sgarbi. La tela, inoltre, era accompagnata da una riproduzione in 3D, elemento che ha suscitato ulteriore attenzione degli inquirenti.
LE INDAGINI: L’INTERVENTO DEI CARABINIERI E L’ANALISI TECNICA
Le indagini, avviate a seguito di un’inchiesta giornalistica condotta dal Fatto Quotidiano e dalla trasmissione Report, hanno portato a una serie di perquisizioni, durante le quali Sgarbi ha consegnato spontaneamente il dipinto ai Carabinieri nel gennaio 2024. La tela è stata quindi sottoposta all’analisi di un esperto dell’Istituto Centrale per il Restauro (ICR), che ha effettuato un confronto dettagliato tra il dipinto e i frammenti di quello rubato nel 2013. Dai riscontri, la Procura ha concluso che i materiali e la tecnica esecutiva della tela combacerebbero con quelli del dipinto trafugato.
LE DICHIARAZIONI DEL PITTORE PASQUALE FRONGIA
Un altro elemento a sfavore di Sgarbi proviene dalle dichiarazioni del pittore reggiano Pasquale Frongia, che ha ammesso di aver apportato delle modifiche al dipinto su incarico di Sgarbi. Frongia ha confermato di aver dipinto una torcia all’interno della composizione, un dettaglio assente nella versione originale. Questa modifica, realizzata con pigmenti di produzione industriale, ha rafforzato i sospetti degli inquirenti, poiché tale intervento risulterebbe estraneo all’epoca in cui la tela fu originariamente creata.
LA DIFESA DI VITTORIO SGARBI: “PIENA FIDUCIA NEI GIUDICI”
Sgarbi ha sempre respinto con forza le accuse. Secondo il critico d’arte, il dipinto da lui esposto non sarebbe l’originale rubato, ma una “brutta copia”. Sostiene inoltre di aver rinvenuto l’opera in un’altra proprietà, la Villa Maidalchina di Viterbo, acquistata dalla Fondazione Cavallini-Sgarbi nel 2000. Sgarbi, affiancato dai suoi avvocati Alfondo Furgiuele e Giampaolo Cicconi, si dice pronto a ricostruire la realtà dei fatti e a dimostrare l’infondatezza delle accuse mosse nei suoi confronti.
LE PROSSIME MOSSE: POSSIBILE RICHIESTA DI RINVIO A GIUDIZIO
Con la chiusura delle indagini, la Procura di Macerata potrebbe presto avanzare una richiesta di rinvio a giudizio per Sgarbi. L’ex sottosegretario ha ora la possibilità di presentare memorie difensive, controperizie e, se lo ritiene, chiedere di essere ascoltato dai giudici. Nonostante il clamore mediatico suscitato dal caso, Sgarbi ha ribadito la sua fiducia nella giustizia, dichiarando che la stampa avrebbe fornito una ricostruzione “parziale e fuorviante” dei fatti, mirata a sostenere la versione dell’accusa anziché la verità.