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Calo del Pil, a breve il successore di Blangiardo all’Istat?
Dati economici negativi sul Pil italiano per il secondo trimestre dell’anno. Tutti i dettagli e gli scenari anche sul futuro numero uno dell’Istituto
Giù il Pil dell’Italia nel secondo trimestre dell’anno, diminuito dello 0,3%. Questa la notizia rimbalzata ieri mattina sulle agenzie di stampa, certificata dall’Istat. Un calo ‘a sorpresa’ è stato evidenziato su alcuni giornali.
Una ‘doccia fredda’ in diversi ambienti della maggioranza. Non erano trascorse infatti neppure 24 ore dalle dichiarazioni rilasciate da Giorgia Meloni in una intervista all’emittente statunitense Fox, durante la quale aveva detto: “stiamo crescendo di più delle altre economie. Le cose stanno andando bene”.
Parole che facevano eco ad altre affermazioni della stessa premier, rilasciate il 25 luglio, a commento delle stime al rialzo dell’Fmi sul Pil dell’Italia che “confermano l’efficacia della politica economica del Governo e ci spronano ad andare avanti su questa strada e fare ancora meglio”.
LA REAZIONE DELLE OPPOSIZIONI AI DATI SUL PIL
Le opposizioni e i giornali critici con il Governo hanno colto subito l’occasione per rinfacciare a Meloni i dati certificati (non stime) dell’Istituto nazionale di statistica in contrasto con le dichiarazioni ottimistiche della premier. L’Istat, per la precisione, ha aggiunto che “alla discontinuità dell’andamento congiunturale nel secondo trimestre fa fronte l’evoluzione positiva del Pil in termini tendenziali in misura dello 0,6%, che rappresenta la decima crescita trimestrale consecutiva”.
Stiamo parlando dello stesso Istituto che da 4 mesi, 123 giorni per l’esattezza, è ancora senza una guida. La maggioranza infatti si è incagliata sull’affaire Blangiardo, il presidente uscente, e da settimane ormai non si muove foglia. Il risultato è che ad oggi a ricoprire la carica di presidente facente funzioni è Francesco Maria Chelli, in qualità di componente più anziano del Consiglio Istat.
L’ITER PER IL NUOVO NUMERO UNO DELL’ISTAT
Gian Carlo Blangiardo è entrato in carica nel 2019, lo scorso 21 marzo è scaduto il termine della sua prorogatio. Tra i suoi principali sponsor per una riconferma c’è (o meglio c’era) Matteo Salvini, con il quale vantano una comune sensibilità per il tema della natalità.
Il 1 aprile il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Alberto Balboni in quota Fdi, aveva concesso al Governo dieci giorni di proroga per trovare un accordo (ma a questo punto si desume fosse un ‘pesce d’aprile’), decorsi i quali però nessuna decisione è stata presa. Per essere nominati alla guida dell’Istituto serve infatti raggiungere il quorum di 2/3 dei voti sia alla commissione del Senato che a quella della Camera, entrambe chiamate a esprimere un parere vincolante.
Le opposizioni non erano intenzionate a confermare il presidente uscente, e senza un accordo politico era impensabile tentare la fortuna. Blangiardo molto probabilmente ha dovuto pagare anche lo scotto della forzatura voluta da una parte della maggioranza, in quanto formalmente non era più ricandidabile per il raggiungimento dell’età della pensione.
E’ stata necessaria una norma nel ‘decreto Pnrr’ per permettere ai pensionati, e quindi anche a Blangiardo, la possibilità di continuare ad avere “incarichi di vertice presso enti e istituti di carattere nazionale”. Tra tira e molla siamo arrivati ad agosto e ancora ci troviamo in una situazione di stallo. Si attende che la maggioranza batta un colpo. Difficile avverrà ad agosto, ma magari prima della prossima ‘sorpresa’.