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Fine vita cattolici

Più intransigenti della Cei: chi sono i cattolici contro il fine vita

A chiedere che il legislatore prenda provvedimenti normando il fine vita era e l’accesso alle cure palliative era stata la Corte Costituzionale. Una proposta è allo studio del Parlamento dall’inizio della legislatura, la maggioranza, con una certa dose di cautela, sta lavorando alla norma. Intanto il fronte cattolico si divide

Il disegno di legge sul fine vita, Disposizioni in materia di morte medicalmente assistita, è stato tra i primi a essere presentati all’inizio di questa legislatura, il 13 ottobre 2022. Il testo è affidato alla II e X commissione del Senato, le quali oggi dovrebbero portarlo in discussione.

FINE VITA: LA VIA TRACCIATA DA PAPA FRANCESCO

Il tema è delicato, in particolar modo per il mondo cattolico e per le forze politiche che sentono di rappresentarlo. Sul punto era intervenuto anche Papa Francesco che lo scorso novembre, mentre era in visita in Francia, spiegò che “accompagnare la vita al suo termine naturale attraverso uno sviluppo più ampio delle cure palliative” e che “le persone alla fine della vita hanno bisogno di essere sostenute da assistenti che siano fedeli alla loro vocazione, che è quella di fornire assistenza e sollievo pur non potendo sempre guarire”.

ANTONIO TAJANI: IL SUICIDIO NON È UN DIRITTO

Il testo è stato oggetto anche di un confronto a Palazzo Chigi lo scorso 10 giugno tra la premier Giorgia Meloni, i vice Matteo Salvini e Antonio Tajani, il capo di Noi moderati Maurizio Lupi, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il sottosegretario Alfredo Mantovano e i senatori di maggioranza impegnati nella redazione di un testo-base. “La maggioranza è unita, ci sarà una legge ma il suicidio non è diritto”, aveva detto all’uscita dal vertice il vicepremier Tajani.

FINE VITA: LA CORTE COSTITUZIONALE STRIGLIA IL LEGISLATORE

Il Governo ha, così, accolto l’invito della Corte Costituzionale che con la sentenza n.66 dello scorso 20 maggio, aveva esortato il legislatore a intervenire in materia. “La Corte ha rammentato che costituisce preciso dovere della Repubblica garantire «adeguate forme di sostegno sociale, di assistenza sanitaria e sociosanitaria domiciliare continuativa, perché la presenza o meno di queste forme di assistenza condiziona le scelte della persona malata e può costituire lo spartiacque tra la scelta di vita e la richiesta di morte» – hanno scritto i giudici della Suprema Corte -. In proposito, ha osservato con preoccupazione che ancor oggi, nel nostro Paese, non è garantito un accesso universale ed equo alle cure palliative nei vari contesti sanitari, sia domiciliari che ospedalieri; vi sono spesso lunghe liste di attesa; si sconta una mancanza di personale adeguatamente formato e una distribuzione territoriale dell’offerta troppo divaricata; e la stessa effettiva presa in carico da parte del servizio sociosanitario, per queste persone, è a volte insufficiente”. Infine, la sentenza ha «ribadito con forza l’auspicio […] che il legislatore e il Servizio sanitario nazionale intervengano prontamente ad assicurare concreta e puntuale attuazione a quanto stabilito dalla sentenza n. 242 del 2019, ferma restando la possibilità per il legislatore di dettare una diversa disciplina nel rispetto delle esigenze richiamate ancora una volta dalla presente pronuncia».

LA CEI NEL SOLCO DELL’INSEGNAMENTO DI PAPA FRANCESCO

La questione, come detto, è particolarmente delicata e divide il fronte dei cattolici. I più aperturisti sono gli esponenti della Conferenza episcopale italiana guidati dal progressista Matteo Zuppi. I vescovi si inseriscono nel solco dell’insegnamento e delle parole del compianto Papa Francesco sottolineando che l’approccio accettabile per la dottrina cattolica è quello che punta sulle cure palliative come strumento per dare “dignità al malato”. “È una questione di civiltà e di democrazia – dice il vicepresidente della Cei, Francesco Savino -. Se si parte da qui si parte bene”. Una posizione cauta che sposa l’approccio della maggioranza di centrodestra nel voler inserire nel testo di legge la necessità che al malato che chiede di porre fine alle sue sofferenze sia proposto di accedere alla terapia del dolore.

I REALISTI PIÙ REALI DEL RE: PRO VITA E CENTRO LIVATINO PIÙ INTRANSIGENTI DEL PAPA

Ma il mondo cattolico è un caleidoscopio di colori. Molto meno aperti al dialogo sono i rappresentanti di Pro Vita che il prossimo 24 giugno organizzano a Milano un convegno dal titolo “Libertà o abbandono? Il grande inganno del suicidio assistito“. All’evento parteciperanno Riccardo Cascioli, Direttore de La Nuova Bussola Quotidiana, Antonio Brandi, Presidente di Pro Vita & Famiglia, Maria Rachele Ruiu, Portavoce di Pro Vita & Famiglia, Francesco Borgonovo, Vicedirettore de La Verità ed Emanuel Cosmin Stoica, attivista e creatore di contenuti. Antonio Brandi, presidente dell’associazione cattolica, nella sua Newsletter in merito alla sentenza 66 della Corte Costituzionale, aveva scritto: “Pur ritenendo gravissime le aperture della Corte al suicidio assistito, non possiamo tacere l’importanza del monito riguardo ai rischi fatali che proprio queste aperture possono comportare per i soggetti fragili. È inaccettabile che, in assenza di un’efficace rete di cure palliative, si possa spingere indirettamente i malati verso la morte assistita. Lo Stato ha il dovere di garantire a tutti i cittadini l’accesso a cure che allievino la sofferenza, senza mai diventare somministratore di morte”.

Tra i cattolici contrari al suicidio assistito figura anche il Centro Livatino, che presenta sul suo sito diversi interventi contro il fine vita. “Non esiste, pertanto, un diritto alla morte nell’ordinamento italiano – scrive il centro Livatino in merito alla sentenza 66 della Corte Costituzionale -. È stata riconosciuta una circoscritta area di non punibilità: vi sono condizioni nelle quali la condotta di aiuto al suicidio può essere ritenuta non punibile. La Corte costituzionale oggi, però, ci ricorda che “La prospettiva della morte come unica via di uscita potrebbe essere frutto di un irrimediabile abbaglio”.

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