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Post Covid, anche la filosofia nella attività di lobby. L’esperimento di Reti

Filosofia

Filosofia in azienda. Reti offrirà la possibilità di affiancare al management delle aziende un pool di docenti di filosofia per “ripensarsi e ridefinire l’azione, partendo dal pensiero”

“L’uomo deve essere liberato dalle passioni, vero e unico male”. È una massima del filosofo greco Zenone di Cizio, considerato il fondatore dello stoicismo, una corrente che identifica nel distacco dalle cose terrene la via maestra per il raggiungimento della saggezza spirituale.

Millenni dopo, le parole di Zenone sono state in un certo senso raccolte dal ceo di Twitter Jack Dorsey, che non ha mai nascosto di consumare un solo pasto al giorno, di digiunare nel fine settimana e di praticare la meditazione. Uno dei suoi libri preferiti è il Daodejing (o Libro della via e della virtù), attribuito al saggio cinese Laozi. Più in generale, la passione per la filosofia sembra essere diffusa tra i dirigenti delle grandi aziende tecnologiche: Steve Jobs, ad esempio, disse che avrebbe dato tutto in cambio di un pomeriggio con Socrate.

Ritenuta troppo astratta e poco spendibile nel mercato del lavoro, la filosofia potrebbe invece rivelarsi uno strumento molto utile per le imprese, specialmente in questo momento di grandi cambiamenti. La pandemia di Covid-19 ha infatti imposto un ripensamento generale dei modelli produttivi e dell’organizzazione del lavoro. Ecco allora che il pensiero filosofico, superando il sapere pratico, può aiutare le aziende nella gestione dei rapporti “a distanza” con i propri dipendenti, attraverso un approccio capace di coniugare l’impostazione professionale con l’aspetto umano.

“Alla base di ogni scienza ragionata e tecnica, come l’economia, c’è sempre il fattore umano, da stimolare e da coltivare, per implementare il processo e le decisioni d’innovazione, grazie a visioni e stimoli più ampi. Condizione più che mai necessaria in periodi di forte incertezza e di scenari complessi”, spiega Giusi Gallotto, ceo di RETI, società di lobbying e comunicazione che di recente ha iniziato ad offrire un nuovo servizio alle aziende: l’obiettivo è aiutarle a ridefinire il loro modo d’agire attraverso il ragionamento filosofico.

“La contrapposizione spesso troppo netta tra hard sciences e soft sciences ha portato ad un modello culturale e ad un modo di pensare-agire manageriale che fatica a stimolare sia la capacità di comprendere a fondo le criticità, che quella di concatenare le conoscenze umane”, sostiene Gallotto.

Proprio per questo, il nuovo gruppo di lavoro messo a punto da RETI – che affiancherà i dirigenti di impresa nei loro processi decisionali – è composto da professori e ricercatori di Filosofia. Oltre al coordinatore Bruno Montanari (professore ordinario di Filosofia del diritto e di Teoria generale del diritto all’Università Cattolica di Milano e all’Università di Catania), nel gruppo figurano anche Alessio Lo Giudice (professore ordinario di Filosofia del diritto all’Università di Messina), Alberto Andronico (professore ordinario di Filosofia del diritto all’Università di Catania), Valentina Chiesi (dottoranda in Filosofia del diritto all’Università del Sacro Cuore di Milano) e Giovanni Magrì (professore abilitato di Filosofia del diritto).

Nel corso degli incontri tenuti nelle aziende, il team andrà ad analizzare – traducendolo nella pratica – il significato di alcuni concetti chiave, ripetuti forse in modo quasi automatico: decisione, valore, governance, efficienza. Centrale nella visione di RETI è la responsabilità, come spiega Gallotto: “L’intuizione che crea questa nuova iniziativa è la consapevolezza che il termine ‘responsabilità’ evoca l’azione. Per potersi tradurre in ‘responsabilità sociale’ è necessario che l’azione sia mossa e orientata da una visione ampia, capace di captare e interpretare i bisogni sociali”.

“Il tema della responsabilità sociale”, prosegue, “è entrato nel panorama strategico aziendale come imprescindibile strumento d’azione ed obiettivo cui tendere, con l’obiettivo di tradursi in un concreto e nuovo modo di agire dell’impresa, dentro e fuori i propri confini formali”. Tra i nuovi bisogni a cui le imprese sono chiamate a rispondere c’è innanzitutto il benessere dei propri dipendenti, alle prese con la “nuova normalità” dello smart working: una modalità di lavoro che può risultare tanto complicata da gestire quanto alienante. Un dipendente non è solo un ruolo (o “una testa”, si direbbe nel gergo aziendale); la gestione e lo sviluppo delle risorse umane vanno al di là della mera amministrazione. La filosofia, mettendo l’uomo al centro della riflessione, permette di comprenderlo davvero.

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