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La Russa torna ministro della Difesa per un giorno
Ieri, a Milano, il Presidente del Senato ha parlato dell’ipotesi di introduzione di un servizio militare volontario di quaranta giorni, la naja. I graffi di Francesco Damato
Ignazio La Russa ha evidentemente deciso di vivere nel nodo più visibile possibile, e impossibile, cioè avventuroso almeno sul piano politico, la sua esperienza di presidente del Senato. O – come si aggiunge spesso sui giornali, ad opera di amici e avversari – di seconda carica dello Stato. Egli infatti è per Costituzione il supplente del presidente della Repubblica in caso di impedimento.
Reduce dalla tribuna reale del teatro della Scala per la prima della nuova stagione lirica, dove ha raccolto la quota di applausi a lui spettante, stretto tra la figlia di Sergio Mattarella e la esordiente presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in qualche modo definibile sua figlioccia politica, La Russa ha voluto approfittare di un raduno di alpini, sempre a Milano, per mettere in cantiere, diciamo così, un disegno di legge non ancora pervenutogli ma che, pur firmato da altri senatori amici, godrà delle sue simpatie, a dir poco. Esso, aggiornando, modificando e quant’altro una legge da lui stesso voluta quando era ministro della Difesa ma rimasta inapplicata non si sa per quale ragione, consentirà un servizio militare volontario di 40 giorni, anziché di tre settimane. Col quale gli interessati, oltre ad acquisire un rapido addestramento di valore pratico e morale, potranno guadagnarsi qualche vantaggio negli studi e nei concorsi pubblici.
L’idea, la proposta, l’annuncio, chiamatelo come volete, ha avuto forse un successo mediatico inferiore alle aspettative del presidente del Senato e dei suoi collaboratori, essendo prevalentemente finita nelle pagine interne dei giornali, fatta eccezione per un titolo medio di prima pagina sul Tempo, un modesto richiamo sul Giornale e la solita “cattiveria” mattutina del Fatto Quotidiano. Più generosi sono stati i telegiornali.
Colto, in particolare, in flagranza di invasione di campo, quanto meno, o di fuori gioco, per il merito attribuitosi di “preparazione” del provvedimento, La Russa si è guadagnato questo salace e volgarotto commento del giornale di Marco Travaglio: “Càpita, quando non hai un cazzo da fare”. Cameratescamente, a dispetto delle preferenze politiche ostentate dal direttore del cattivissimo Fatto Quotidiano, ci può pure stare, per carità. E con la condivisione di quegli esponenti di sinistra affrettatisi a criticare il presidente del Senato, o a cadere “nel panico”, come ha scritto Il Giornale nel già modesto richiamo in prima pagina riferendo della reazione del Pd.
Ciascuno ha naturalmente le sue preferenze, o visioni, sulle priorità del Paese, o sulle sue urgenze, anche nella cosiddetta sessione finanziaria dei lavori parlamentari, a meno di venti giorni dalla scadenza ultimativa per l’approvazione della legge di bilancio, evitando quel ricorso all’esercizio provvisorio che anche il presidente del Senato ha recentemente avvertito come una mezza sciagura. Ciò che non riesco francamente a capire dell’attivismo, diciamo così, di un ormai vecchio e navigato parlamentare come Ignazio La Russa è la pratica, sostanziale sottovalutazione del ruolo conquistato a conclusione -posiamo ben dirlo senza volontà di dileggio- della sua lunga carriera politica. Che egli non si rende forse conto di immiserire ogni volta che scende lungo la scala percorsa in salita per alimentare le cronache o cronachette politiche: da un’incursione nella vicina sede nazionale del suo partito mentre si svolgono eventi non pertinenti al proprio ruolo istituzionale, alla intestazione a dr poco imprudente di disegni di legge altrui, come quello sulla naja volontaria di 40 giorni. A giustificare la quale il portavoce di La Russa ha detto sul serio, senza ridere, che in fondo si tratta di “una proposta di legge che stava per essere presentata da un gruppo di senatori di centrodestra quando si interruppe improvvisamente la legislatura”: quella scorsa, naturalmente.