L’Udu se ne lamenta da tempo, ora una ricognizione del ministero dell’Università e della Ricerca conferma i timori sul caro-Università: 9 atenei settentrionali non rispettano le norme che limitano le tasse. Milano in testa con uno sforo di quasi il 15%
“I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”: così recita la nostra Costituzione all’articolo 34. Peccato che i migliori atenei – salvo alcune eccezioni – siano concentrati al Nord, e uno studente su quattro in Italia sia fuorisede. Posto che non decida di trasferirsi direttamente all’estero, ecco lo studente, varcato il Rubicone in senso contrario, vessato dal caro-affitti e costretto a sobbarcarsi rette spropositate.
Proprio su quest’ultimo punto, come riporta oggi la Repubblica, si concentra un recente monitoraggio del MUR che analizza il rapporto tra gettito derivante dalle tasse universitarie e il Fondo di finanziamento ordinario (FFO) assegnato dallo Stato. Secondo la ricognizione, sono ben 9 gli atenei italiani che sforano il tetto di contribuzione studentesca imposto per legge, tutti concentrati nel Nord Italia.
IL TETTO IMPOSTO DALLA LEGGE
Il limite è fissato dall’articolo 5 del DPR 306/1997: salvo particolari eccezioni, la contribuzione studentesca non può eccedere il 20% dell’importo del finanziamento ordinario statale destinato all’ateneo. La norma nasce con l’intento di evitare che le università compensino carenze di risorse pubbliche aumentando eccessivamente le tasse a carico degli studenti.
QUALI SONO LE UNIVERSITÀ CHE SFORANO
Secondo la ricostruzione, i nove atenei che sforano il limite del 20% sono: Politecnico di Milano (34,81%), Università dell’Insubria (27,87%), Ca’ Foscari Venezia (24,65%), Milano-Bicocca (22,64%), Padova (22,06%), IUAV Venezia (20,42%), Università di Modena e Reggio Emilia (20,32%), Università di Pavia (20,22%) e Università di Brescia (20,09%). La maggior parte degli atenei segnalati si trova nel Nord Italia.
PERCHÉ IMPORTA (E COSA È CAMBIATO)
Che la contribuzione studentesca superi soglie di legge non è una questione puramente tecnica: significa che, complessivamente, il sistema universitario locale sta facendo più affidamento sulle tasche degli studenti che sulle risorse pubbliche.
Il tema ha già avuto risvolti giudiziari: in un caso emblematico, un ricorso promosso dall’organizzazione studentesca Udu ha portato il Consiglio di Stato a condannare l’Università di Torino — con sentenza n. 3237/2024 — a restituire circa 39 milioni di euro agli iscritti per contributi versati ritenuti illegittimi.
LE RICHIESTE DELL’UDU E L’ALLARME DEL MINISTERO
Le associazioni studentesche, in particolare l’Udu, insistono nel definire la questione non come un attacco ai singoli atenei ma come una battaglia per il diritto allo studio: ridurre le tasse, sostengono, significa aumentare l’accessibilità dell’istruzione superiore e tutelare studenti meritevoli ma privi di mezzi. L’Udu ha utilizzato la via giudiziaria per alcuni casi e chiede interventi mirati sui fondi nazionali.
Dal canto suo, il ministero ha accompagnato il monitoraggio con una nota inviata alla Conferenza dei Rettori (CRUI), sollecitando un confronto sui criteri di calcolo e sulla possibile evoluzione della struttura del Fondo di finanziamento ordinario. La questione, secondo il ministero, non è soltanto sanzionatoria ma richiede una revisione condivisa dei parametri per evitare disparità territoriali e rischi di contenzioso. Anche la CRUI è stata coinvolta nei tavoli di confronto avviati nelle ultime settimane.
IL NODO SUL CALCOLO DELLA CONTRIBUZIONE
Tra i problemi pratici da risolvere c’è la definizione di cosa debba essere conteggiato nel calcolo della contribuzione: ad esempio, gli studenti “fuoricorso” devono essere inclusi nel numeratore del rapporto? Come considerare esoneri, borse e riduzioni? Queste ambiguità contabili possono determinare variazioni significative nel rapporto tassa/FFO e, di conseguenza, nella valutazione della conformità normativa. Per questo è stato aperto un tavolo tecnico che coinvolge ministero, rettori e rappresentanze studentesche, con l’obiettivo di definire criteri uniformi e ridurre il rischio di contenziosi futuri.