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Quel furbetto di Bonaccini
Quel Bonaccione di Bonaccini nei rapporti con Elly Schlein al Nazareno. I Graffi di Damato
La segretaria del Pd Elly Schlein non se la passa bene nel Pd, per quanto i sondaggi elettorali la diano generalmente attorno, se non sopra il 20 per cento delle intenzioni di voti, distanziandola con qualche margine di sicurezza in più dal Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte. Che le contende sia il primato elettorale nel campo delle opposizioni al governo sia il ruolo di federatore, cioè di leader, se e quando si potrà davvero federare qualcosa da quelle parti per proporsi come alternativa al centrodestra, o destra-centro, alle prossime elezioni politiche.
La situazione del Pd, tuttavia, è talmente paradossale che superiore alla crisi della segreteria è quella dell’opposizione interna che sembrava dovesse o potesse essere capeggiata dal presidente del partito Stefano Bonaccini, eletto a quel posto dopo essere stato battuto come candidato alla segreteria della Schlein nelle primarie condizionate non dagli iscritti – altro paradosso nel paradossi – ma dagli esterni, in gran parte elettori neppure tanto nascosti di altri partiti. Un paradosso persino statutario che sconsigliò a suo tempo all’indimenticabile Emanuele Macaluso di iscriversi a un partito dove erano confluiti quasi tutti i compagni politici della sua vita, orfani del Pci dopo la caduta del muro di Berlino, cioè del comunismo, e i cambiamenti di nomi e di simboli con cui si tentò di rimediarvi.
Dopo meno di un anno di opposizione interna, mentre la Schlein si è mossa con ostinazione zigzagando fra le sue contraddizioni persino cromatiche, e lasciando uscire dal Pd esponenti anche di un certo peso provenienti dalla Dc come l’ex ministro Giuseppe Fioroni o dall’area liberale come l’ex capogruppo del Senato Andrea Marcucci, deluso dalla segretaria non meno che da Matteo Renzi qualche anno prima, Bonaccini si è guadagnato persino fra gli amici il soprannome facile come quello di Bonaccione, ricavato dall’aggiunta di una semplice vocale e la variazione di un’altra. Un Bonaccione, raccontato impietosamente qualche giorno fa dal Foglio, fattosi imprudentemente infilare dalla furbissima Schlein in un clamoroso conflitto d’interessi sul terreno assai scivoloso, e controverso, delle candidature alle elezioni europee. Con le quali la segretaria del Pd tenta, quanto meno, di scardinare ulteriormente equilibri e rapporti persino personali nel partito preferendo gli esterni – tipo Tarquinio, Annunziata e Strada – agli interni, nella logica delle primarie che l’hanno d’altronde portata al Nazareno.
A Bonaccini, dal quale gli scontenti o preoccupati, a cominciare dalla vice presidente uscente dell’Europarlamento Pina Picierno, si aspettavano un deciso intervento a gamba tesa per mettere la Schlein con le spalle al muro, sembra essere bastato ottenere il riconoscimento del diritto di fare il capolista nella propria circoscrizione elettorale se continuerà a lasciarsi tentare da Strasburgo. “Cicero pro domo sua”, si diceva a Roma già nel 57 avanti Cristo.