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Questo bonus matrimonio religioso non s’ha da fare

Bonus Matrimonio

È diventato un caso la proposta di cinque deputati leghisti di detrarre il 20% delle spese sostenute per le celebrazioni di cerimonie in Italia tra persone con cittadinanza da almeno dieci anni, con Isee non superiore a 23mila euro e di età massima 35 anni. Il bonus matrimonio religioso costerebbe 120 milioni di euro nell’anno 2023, 90 nel 2024 e 85 nel successivo. Lo stop di Palazzo Chigi: “Esecutivo al lavoro su proposte concrete e realizzabili”

Alla fine, nella serata di ieri, è intervenuto perfino Palazzo Chigi, per rassicurare che il governo, alle prese con calcolatrici e pallottoliere per redigere la finanziaria che arriverà oggi in CdM, non è al lavoro anche su un bonus matrimonio religioso, come l’hanno soprannominato i quotidiani.

CHI HA TEORIZZATO IL BONUS

L’idea dunque ha estrazione meramente parlamentare. Per la precisione, arriva da cinque deputati del partito di Matteo Salvini che hanno presentato alla Camera un progetto di legge che prevede una detrazione fino al 20% delle spese sostenute per le celebrazioni in chiesa, ovvero Furgiuele, Billi, Bisa, Gusmeroli e Pretto. Il gruppetto leghista però è stato tristemente abbandonato dall’esecutivo proprio davanti all’altare. Furgiuele, primo firmatario, dopo che i quotidiani hanno ripreso il testo e diversi commentatori evidenziato l’incostituzionalità della norma (laddove si preferirebbe una religione alle altre) ha dichiarato che “in Parlamento il contributo verrà esteso anche alle altre tipologie di celebrazioni”. Più drastico Palazzo Chigi: “È un’iniziativa parlamentare, noi stiamo valutando altre misure”.

COSA SAREBBE IL BONUS MATRIMONIO RELIGIOSO?

La proposta leghista, datata 12 ottobre. prevede di rimettere mano all’articolo 16 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013 al fine di offrire una detrazione del 20% delle spese sostenute per la celebrazione del matrimonio religioso a condizione che le nozze siano celebrate in Italia tra persone con cittadinanza da almeno dieci anni, con Isee non superiore a 23mila euro e di età massima 35 anni.

“Per le spese documentate connesse alla celebrazione del matrimonio religioso, quali la passatoia e i libretti, l’addobbo floreale, gli abiti per gli sposi, il servizio di ristorazione, il servizio di acconciatura e il servizio fotografico, a decorrere dal 1°gennaio 2023, è riconosciuta una detrazione dall’imposta lorda nella misura del 20 per cento delle spese fino a un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 20mila euro, da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo”, si legge nel testo.

“I beneficiari devono essere in possesso della cittadinanza italiana da almeno dieci anni e avere un indicatore della situazione economica equivalente, riferito al reddito dichiarato al 31 dicembre 2022, non superiore a 23mila euro ovvero non superiore a 11.500 euro a persona. Le spese connesse alla celebrazione del matrimonio religioso devono essere state sostenute nel territorio dello Stato italiano”.

LE POLEMICHE E LO STOP DI PALAZZO CHIGI

Portato alla ribalta da alcuni quotidiani, il bonus matrimonio religioso ha tenuto banco per l’intero weekend, facendo insorgere soprattutto le opposizioni, che hanno sottolineato la contrarietà del testo rispetto al dettato costituzionale. In serata si è espresso anche Palazzo Chigi: il bonus matrimonio religioso “è un’iniziativa parlamentare, non è allo studio del governo. Nell’ambito di un quadro finanziario complesso, l’Esecutivo è al lavoro per sostenere la famiglia con misure concrete e realizzabili, che saranno contenute nella legge di bilancio”.

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