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riforma premier e giustizia, cosa fa Meloni?

Premierato e giustizia, le riforme del governo Meloni al ‘passo del gambero’

Da un lato la riforma presidenziale, dall’altro quella sulla giustizia: il punto sull’operato dell’esecutivo guidato da FdI

“Questo deve essere l’anno delle grandi riforme”. Giorgia Meloni dixit lo scorso 28 agosto, in un insolito comunicato stampa post Cdm ricco di virgolettati. Il punto è che anche sulle riforme il governo rischia di impantanarsi e di rimanere vittima del fuoco amico. Il ddl di riforma costituzionale era pronto per essere uno dei “primi provvedimenti che vareremo”, sempre Meloni. Ma evidentemente ancora neppure la presidente del Consiglio l’aveva ancora letto se, prima di arrivare in Cdm, il testo ha già dovuto fare un pit stop ai box di Palazzo Chigi per una messa a punto da parte dei giuristi della premier, il sottosegretario Mantovano (sempre lui) e il consigliere giuridico Marini.

I NODI DELLA RIFORMA PRESIDENZIALE

Le anticipazioni pubblicate nei giorni scorsi sul Fatto Quotidiano sembra abbiano fatto raddrizzare i capelli a più di uno – come emerge dalle cronache – con la corsa a precisazioni e smentite. Nel mirino il modello di elezione del premier che ricalca la legge elettorale Italicum, già dichiarato in parte incostituzionale, e il possibile svuotamento dei poteri del Quirinale. Questi sono i nodi principali e più delicati sui quali rischia di avvitarsi la proposta e, con essa, tutta la maggioranza.

La road map più accreditata riportata dai giornali è che il disegno di legge prima di arrivare in Cdm dovrebbe essere sottoposto al vaglio del vertice di maggioranza del 6 settembre. I punti fermi della proposta, che ammicca al premierato sono: dare stabilità ai governi e far decidere ai cittadini chi debba governare. Filtra però poco ottimismo sul fatto che possa andare in Consiglio dei ministri il giorno dopo, giovedì 7.

Questo anche perché Forza Italia potrebbe mettersi di traverso. Non tanto sul provvedimento, ma proprio sul calendario. Non è passato inosservato infatti l’editoriale di oggi del direttore del Giornale (in uscita) Augusto Minzolini, in cui giudica senza mezzi termini “un grave errore” se la riforma della giustizia (una delle principali priorità di FI) fosse accantonata a discapito di quella che dovrebbe introdurre il premierato.

I PASSI DA FARE SULLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA

Con una postilla finale tutta da leggere: “Sarebbe quantomeno opportuno condurre in porto una riforma della giustizia, uno dei punti caratterizzanti del programma del centrodestra e che per di più non costa niente. Anche per spuntare le armi a chi da sempre usa inchieste, rinvii a giudizio e processi per fini politici.

Ci sarebbero, quindi, un mare di ragioni per andare fino in fondo su separazione delle carriere, obbligatorietà dell’azione penale e quant’altro”, e qui il monito conclusivo: “A meno che qualcuno non pensi di venire a patti con le Procure. Nel quale caso ricordo che la strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni”. A buon intenditor, poche parole.

 

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