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Sala, il soldato da salvare
Sul caso Sala l’Italia si trova tra l’incudine iraniana, che chiede l’estradizione dell’ingegnere Mohammad Abedini arrestato a Malpensa, e il martello statunitense che non vuole vedere fuggire un altro uomo che ritengono pericoloso
“Cerca di essere un soldato Cecilia, cerco di esserlo anch’io”. Con poche parole Elisabetta Vernoni, la mamma di Cecila Sala che ieri sera ha incontrato la Premier Giorgia Meloni, ha definito i contorni della vicenda che vede la figlia detenuta dal 19 dicembre nel carcere di Evin a Teheran. “Si fa strada – scrive Il Foglio -. l’ipotesi di un intervento diretto del ministro della Giustizia Carlo Nordio sul caso della prigionia di Cecilia Sala in Iran. Secondo le norme italiane, infatti, il Guardasigilli può ordinare in qualsiasi momento la revoca della misura cautelare di un detenuto in attesa di estradizione”.
L’INTRECCIO TRA LA VICENDA ABEDINI E SALA
I contorni sono quelli dello scambio tra prigionieri. Nel Governo nessuno più nega l’intreccio tra la vicenda della giornalista italiana e quella di Mohammad Abedini, l’iraniano arrestato a Malpensa su richiesta degli Stati Uniti lo scorso 16 dicembre scorso. La presenza di Nordio al vertice convocato nella serata di ieri a Palazzo Chigi ne è la conferma “perché l’Iran vuole prendere la strada della «diplomazia degli ostaggi» e, attraverso questa, preme sull’Italia per evitare l’estradizione negli Usa di Abedini, un uomo strettamente legato alle Guardie rivoluzionarie e all’intelligence iraniana”, scrive Federico Capurso su La Stampa. “La correlazione tra le due vicende, finora sempre negata dall’esecutivo, si rende ancor più evidente quando i due casi vengono trattati insieme nella stessa nota con cui in serata la presidenza del Consiglio dà conto della riunione. Prima viene confermato «l’impegno per l’immediata liberazione di Sala, e, nell’attesa – si legge –, per un trattamento rispettoso della dignità umana» – continua Capurso -. Poi si affronta la vicenda giudiziaria di Abedini, rispondendo alle accuse mosse nel pomeriggio dall’ambasciatore iraniano, che lo considera detenuto nel carcere di Milano sulla base di «false accuse», chiede quindi di «accelerare la liberazione» e che, mentre è detenuto, «vengano fornite le necessarie agevolazioni assistenziali di cui ha bisogno»”.
LA SCARCERAZIONE DI ABEDINI COME PEDINA DI SCAMBIO
La soluzione della vicenda Sala, passa, dunque, da quella di Abedini. L’uomo, nei giorni scorsi è stato trasferito in 3 carceri diversi: prima a Busto Arsizio poi, in regime di alta sicurezza nel penitenziario di Rossano Calabro e il 27 dicembre con un aereo militare, nel carcere milanese di Opera. Il pallino del gioco passa ai giudici della Corte d’Appello di Milano che dovranno “decidere (in una udienza che per legge sarà fissata non prima di 10 giorni) la scarcerazione o meno da Opera del 38enne ingegnere meccanico iraniano con permesso di soggiorno svizzero fino a ottobre 2025, di cui gli Stati Uniti domandano l’estradizione perché lo accusano d’aver supportato i pasdaran di Teheran nell’acquisizione di componenti tecnologiche a duplice uso civile e militare montate sui droni in uso al Corpo dei Guardiani della Rivoluzione. E in particolare il sistema di navigazione del modello di drone che il 28 gennaio 2024 uccise in un avamposto giordano tre soldati americani”, scrive Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera.
I PASDARAN NON SONO NELLA BLACK LISTA ITALIANA ED EUROPEA MA IN QUELLA USA
La questione ha il profilo di un intrigo internazionale nel quale si cerca, però, di utilizzare le armi del diritto e della diplomazia. “L’Irgc, il corpo delle guardie della rivoluzione islamica – scrive Giuliano Foschini su La Repubblica -, è considerato sì dagli Stati Uniti dal 2019 come un’organizzazione terroristica. Ma non dall’Italia. Né tanto meno dall’Unione europea (lo è soltanto in Svezia) che non lo ha mai inserito nella black list. «Può l’Italia estradare un signore accusato di essere affiliato a un’organizzazione che per noi non è terroristica? » è la domanda che più volte è stata ripetuta in queste ore ai tavoli”.
ITALIA TRA L’INCUDINE IRANIANA E IL MARTELLO STATUNITENSE
Il nostro paese si trova tra l’incudine dell’Iran che detiene la nostra concittadina e il martello del nostro storico alleato statunitense che ci chiede l’estradizione di Abedini e che temono una fuga dell’uomo. Un caso simile a quello dell’imprenditore russo Artem Uss “ottenne ugualmente dalla Corte i domiciliari con braccialetto elettronico, dai quali evase appena prima del via libera all’estradizione negli Usa – ricorda il Corriere – Esattamente il precedente che gli americani mettono in cima alla lista nella nota con la quale chiedono energicamente alla Corte di non dare i domiciliari all’iraniano, di cui, dopo aver additato «la pericolosità» e le «fonti finanziarie», paventano appunto la fuga al pari del russo Uss, della spagnola Laura Virginia Fernadez Ibarra (che era in carico a Firenze), del nigeriano Efeturi Simeon (Milano), dell’americano Charles Christopher Gardner (Genova), del greco Christos Panagiotakopoulous (Venezia), della svizzera Daisy Teresa Rafoi Bleuler (Milano), e del tedesco Uwe Bangert (Trento)”.
MATTEO RENZI: “GLI ITALIANI SI RIPORTANO A CASA, I GIORNALISTI SI RIPORTANO PRIMA”
Intanto inizia a farsi sentire la voce delle opposizioni che chiedono al Governo di giocare un ruolo in questa faccenda. “Abbiamo ascoltato le parole di Tajani che ci assicurava che Cecilia stava bene – dice Matteo Renzi in un’intervista a Il Foglio -. Cecilia non sta bene. Da quindici giorni è nel carcere di Evin. Da quindici giorni non sappiamo quale sia la strategia per liberarla. Gli americani si oppongono al rilascio dell’iraniano Abedini, lei cosa risponde agli americani? “Che quando c’è da portarsi a casa un loro giornalista trattano anche con Putin. Gli italiani si riportano a casa, i giornalisti si riportano prima”. Il governo Renzi “ha riportato a casa i marò – ricorda l’ex Premier -. Ricordo quel tempo. Ricordo Meloni che strumentalizzava la vicenda. Meloni mi attaccò mediaticamente. Ricordo anche che, una volta rientrati in Italia, ho deciso di non farmi una foto con loro. Non sono un influencer io, non ho bisogno della foto per i like. Io non strumentalizzo sulla pelle di Cecilia”.