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Salvini, Di Maio e le Ong

Dl Sicurezza Bis

I Graffi di Damato sul governo ricompattato contro la mobilitazione delle navi Ong come dichiarato dal vice premier Luigi Di Maio

Se dietro la mobilitazione delle navi del volontariato, chiamiamolo così, non governativo per raccogliere migranti e cercare di sbarcarli tutti sulle coste italiane, rifiutando persino l’accoglienza di Malta, solitamente difficile da ottenere, c’è un disegno politico di destabilizzazione politica nell’Italia troppo sovranista per i gusti o gli interessi di tanti in Europa, come si sospetta al Viminale e dintorni anche per l’impegno crescente della pur malmessa sinistra a favore dell’immigrazione;  se dietro questa mobilitazione, dicevo, c’è un piano di destabilizzazione politica, i conti non tornano più, o tornano sempre di meno.

UN GOVERNO RICOMPATTATO

Invece di dividersi, come sembrava facile che potesse accadere per gli abituali umori nella maggioranza gialloverde, il governo si è ricompattato. “Abbiamo ritrovato un metodo”, ha appena dichiarato in una intervista al Corriere della Sera il vice presidente grillino del Consiglio Luigi Di Maio parlando dei rapporti col suo omologo Matteo Salvini e, più in generale, con i leghisti. E le navi del volontariato, nazionale e internazionale, “fanno show”, sono “una parte del problema” dell’immigrazione clandestina anziché risolverlo.

I TAXI DEL MARE

Siamo quasi all’immagine una volta usata dallo stesso Di Maio, prima che i rapporti fra grillini e i leghisti fossero rovinati dalla campagna elettorale e dai risultati del voto europeo e amministrativo del 26 maggio, dei “taxi del mare” in servizio permanente effettivo per il traffico di quella che il manifesto è tornata a chiamare nel titolo di copertina “merce umana”. Di cui peraltro si può prevedere un aumento per la combinazione fra le migliori condizioni del mare garantite dalla stagione estiva e le peggiori condizioni di terra in Libia e dintorni create da una guerra senza risparmio di mezzi, di aiuti esterni e di tribù.

LA FIDUCIA DI LUIGI DI MAIO

È talmente sicuro che il peggio sia passato, dopo la scoppola elettorale del 26 maggio, pure all’interno del suo movimento, che Di Maio ha usato le migliori prospettive ch’egli attribuisce al governo, appena scampato peraltro alla procedura europea d’infrazione per debito eccessivo, anche per metterle al servizio della pacificazione interna, sotto le cinque stelle. “Il lavoro è tanto, quando si è al governo, e servono braccia”, ha detto:  magari, non so con quanta soddisfazione o fiducia di Salvini, anche quelle di Alessandro Di Battista. Che smetterà, da falegname di fresco apprendistato, di progettare e allestire gabbie per concorrenti e avversari.

Prima o poi, sedato da qualche offerta del capo del movimento, potrebbe accadere persino a “Dibba”, come Di Battista è chiamato dagli adoratori, di sentirsi dare dall’amico e quasi editore Marco Travaglio del “cazzaro”, specie ora che il tribunale di Milano gliene ha dato il permesso nella causa intentata e perduta da Matteo Salvini. Già oggi, forte proprio di questa vittoria, il direttore del Fatto Quotidiano ha dato nel titolo del suo editoriale di giornata del “cazzaro”, appunto, all’altro Matteo, Renzi, per una sua sortita pro-immigrati sulle colonne della Repubblica di carta: un cazzaro “rosè”, al posto del “verde” spettante al capo della Lega.

 

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