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Salvini e Meloni non russano

Salvini Meloni

C’è del metodo nella follia del contrasto di Salvini a Giorgia Meloni. I graffi di Francesco Damato


Quell’aò! tanto romanesco che Francesco Tullio Altan ha messo in bocca, e nella mano destra, di Giorgia Meloni con la vignetta di prima pagina della Repubblica è naturalmente rivolto a Matteo Salvini. Che per lei è peggiore di un avversario dichiarato come il segretario del Pd Enrico Letta, spintosi a promuoverla a quel rango nella speranza di poterla contenere meglio, se non addirittura batterla.

Salvini per la Meloni è -peggio, ripeto- un concorrente all’interno dello stesso schieramento.  Un concorrente incattivito a questo punto per le  distanze che ormai lo separano da lei inseguendone  a piedi i ritratti sulle facciate posteriori degli autobus italiani, e non solo della sua Roma.

Allora è una follia, direte. Ma in questa follia c’è del metodo, come in quella dell’Amleto  shaksperiano. È il metodo che gli ha appena attribuito sulla Verità di Maurizio Belpietro con  perfidia Marcello Veneziani: alimentare la paura nei suoi riguardi. La paura di “Calimero, un pulcino spelacchiato e nero, col guscio d’uovo rotto sulla testa al cospetto -ha scritto Veneziani- dei Grandi Problemi della nostra epoca”. Di fronte ai quali anche a destra si sarebbe tentati di chiedersi “se si può passare dai draghi fiammeggianti alle piccole mamme militanti della fiamma”, o “se si può davvero credere che lei, così piccola e fragile, sia pronta a governare, come dicono i manifesti”.

I problemi, già grandi di loro, vengono quotidianamente ingigantiti da Salvini con una rappresentazione drammatica, anzi catastrofica degli effetti delle sanzioni adottate anche dall’Italia contro la Russia per la guerra in Ucraina, ma che starebbero facendo danni solo a noi, non a Putin, o più a noi che a Putin. Nel cui “lettone” pertanto il direttore della Stampa Massimo Giannini ha messo “il capitano e il Cavaliere”, cioè lo stesso Salvini e Silvio Berlusconi, per il soccorso che continuerebbero a prestare al pur riconosciuto aggressore e invasore dell’Ucraina contestando  il modo in cui dall’una e dall’altra sponda dell’Atlantico si sta cercando di fronteggiarlo.

Ma senza sanzioni, che invece Giorgia Meloni condivide  e Putin di certo non apprezza, per quanto si cerchi di rappresentarlo favorito, come altro si può contrastare l’emulo dichiarato di  Pietro il Grande escludendo -come sembra nelle opinioni di Salvini e forse anche di Berlusconi- un più forte e diretto coinvolgimento militare dell’Europa, e più in generale dell’Occidente, nella guerra avviata dal Cremlino? È questa forse la domanda che nella corsa a Palazzo Chigi la leader della destra dovrebbe decidersi a rivolgere a Salvini con nettezza, senza  i saltuari abbracci davanti al fotografo o alla telecamera di turno. E senza limitarsi a quello sbrigativo aò! di Altan.

 

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