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Salvini, Travaglio e i giudici

Salvini Travaglio

I Graffi di Damato sul giudice del tribunale di Milano che ha dato ragione a Travaglio e torto al ministro Salvini

Chissà se qualcuno ha avvertito Vladimir Putin, intrattenutosi nella sua breve visita a Roma anche con il leader emergente della politica italiana, Matteo Salvini, per il quale non ha mai nascosto interesse e simpatia, di avere stretto la mano e di avere scambiato sorrisi e carinerie col “Cazzaro Verde”. Che è il soprannome ripetutamente dato al leader leghista, vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno  sul Fatto Quotidiano dal direttore Marco Travaglio e appena confermato, diciamo così, nel tribunale di Milano dal giudice Luigi Gargiulo, d’intesa  col pubblico ministero.

LA RAGIONE A TRAVAGLIO

Il giudice ha dato ragione a Travaglio, e torto al ministro, un po’ perché quella di “cazzaro vede” è “una espressione veicolata nella forma scherzosa e ironica propria della satira”, e un po’ perché di cazzate -scusate la parolaccia- e della loro varante “supercazzole” Salvini ne direbbe davvero, contestategli pubblicamente, senza che lui se ne sia mani sentito offeso, dal suo alleato grillino, collega di governo e omologo alla vice presidenza del Consiglio Luigi Di Maio.

Lo stesso Salvini e i suoi difensori hanno compiuto l’imprudenza, nel denunciare Travaglio, di avere fatto risalire l’espressione “cazzaro” al linguaggio giovanile contro la tendenza, ad una certa età, di spararle grosse e di essere “fanfaroni”. E Salvini in fondo -par di capire dal ragionamento del giudice- non è poi cresciuto tanto. Gli manca parecchio per essere considerato un vecchio attempato.

UN LINGUAGGIO GREVE E IMBARBARITO MA NON DIFFAMATORIO

Scherzi a parte, dove zoppica il ragionamento del giudice Luigi Gargiulo, di cui non ho trovato foto in tutti gli archivi elettronici consultati, è nella parte -secondo me- in cui lo stesso magistrato riconosce nell’abitudine di Travaglio di storpiare i nomi agli avversari e di attribuire loro soprannomi non proprio edificanti la pratica diffusa di “un linguaggio ormai greve e imbarbarito”, eppure non ancora o non sempre diffamatorio. Non mi aspettavo, francamente, che un giudice potesse essere tanto indulgente con ciò che egli stesso riconosce “greve e imbarbarito”.  E giustamente, dal suo punto di vista, il direttore del Fatto Quotidiano, forte anche delle ben otto cause che Salvini ha perduto sinora denunciando il suo giornale, si è confezionato a proprio uso e consumo un editoriale -con tutto quel che poteva essere commentato di fronte alla giornata ricchissima di notizie interne ed estere, politiche e giudiziarie- di autocompiacimento. E di appello ai lettori a imitarne il lingaggio quando pensano e parlano di personaggi o situazioni, diciamo così, di loro scarso gradimento. “Il Cazzaro Verde è un Cazzaro Verde”, suona il titolo di questo editoriale-manifesto rivolto al pubblico desideroso di una “liberatoria ebbrezza”, ora consentita con tutti i bolli del tribunale di Milano.

UN’ALTRA LOTTA PER SALVINI

Già costretto di suo, nella gestione o co-gestione di quel complicatissimo fenomeno dell’immigrazione, clandestina e non, a cercare brechtianamente un giudice a Berlino, dopo che una giudice di Agrigento ha soffiato, diciamo così, il vento su tutte le vele delle barche che fanno soccorsi davanti alle coste africane per fare poi le operazioni di sbarco nei porti italiani, Salvini dovrà ora cercarne un altro, sempre a Berlino per rivendicare il diritto di essere chiamato col proprio nome.

È un destino davvero curioso questo della giustizia italiana, non a caso nelle stesse ore in cui un procuratore generale della Cassazione coinvolto non proprio felicemente nelle intercettazioni del cosiddetto affare Palamara si mette volontariamente in pensione fra gli elogi e i ringraziamenti del presidente della Repubblica e del Consiglio Superiore della Magistratura: elogi e ringraziamenti non si è ben capito se più per i servizi resi allo Stato dal procuratore uscente o per quello reso alla fine ritirandosi spontaneamente fra richieste di dimissioni o rimozione.

 

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