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Savini è un problema per Giorgia Meloni?

Salvini Meloni

Il rapporto privilegiato con Matteo Salvini potrebbe rivelarsi dannoso per Giorgia Meloni…

Dalla crisi scoppiata tra Parigi e Roma sul  fronte dei migranti è emerso in tutta la sua evidenza il carattere privilegiato del rapporto tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini nella coalizione governativa di centrodestra. O di destra-centro, come il partito della presidente del Consiglio preferisce ora che venga chiamato. E come lo definisce ogni tanto nei suoi editoriali anche il direttore del Giornale berlusconiano, Augusto Minzolini, ma in modo sfottente, quando egli vuole sottolineare le difficoltà o gli errori del governo.

Proprio oggi il Corriere della Sera pubblica un articolo dettagliato di Tommaso Labate sulle prese di distanza di Berlusconi e amici dalle decisioni o dagli annunci del governo.  Il richiamo in prima pagina ha un titolo che più chiaro non potrebbe essere: “Il controcanto di Forza Italia”.

Tutte le coalizioni di governo, d’altronde, finiscono per avere rapporti preferenziali fra il partito più forte elettoralmente e qualcuno degli altri. All’epoca lontana del centrismo, per esempio, la Dc aveva rapporti preferenziali intermittenti con i liberali, mandando al Quirinale nel 1948 Luigi Einaudi, o con i repubblicani di Ugo La Malfa. All’epoca del primo centrosinistra la Dc era strattonata -salvo nella breve durata della loro unificazione- da socialdemocratici e socialisti perché privilegiasse gli uni o gli altri.

Persino negli anni della maggioranza di cosiddetta solidarietà nazionale, fra il 1976 e i primi mesi del 1979, la Dc assumendosi da sola la titolarità del governo, composto interamente di democristiani e presieduto da Giulio Andreotti, instaurò un rapporto preferenziale con i comunisti. Ai quali – dovendoli lasciare fuori dal governo per evitare problemi con gli americani, che ne diffidavano moltissimo per i legami con Mosca-   escluse anche socialisti, socialdemocratici e repubblicani.

Nel passaggio tra il centrosinistra e la solidarietà nazionale la Dc aveva privilegiato i repubblicani con la formazione del bicolore Moro-La Malfa. Lo stesso sarebbe accaduto nel 1981 con la promozione del repubblicano Giovanni Spadolini a presidente del Consiglio, dopo avere negato due anni prima Palazzo Chigi a Bettino Craxi. Al quale tuttavia la Dc, per quanto guidata da un Ciriaco De Mita salito al vertice del partito proprio in funzione di contenimento del leader socialista, dovette cederlo nel 1983. Per toglierglielo, con le brutte maniere di due crisi di governo e di un ricorso alle elezioni anticipate, De Mita dovette aspettare quattro anni: un tempo lunghissimo  per l’abitudine che si aveva di produrre governi alla media di circa l’uno l’anno.

Anche nella cosiddetta seconda Repubblica le coalizioni di governo sono vissute di rapporti privilegiati fra il partito più forte e qualcuno degli altri, ben prima quindi che a Palazzo Chigi, in quella che  non si sa più se definire terza o quarta Repubblica, come da un’omonima trasmissione televisiva, arrivasse Giorgia Meloni e instaurasse una relazione politica preferenziale col leader della Lega. Che è stata così risarcita di tutti i voti che le sono stati sottratti dalla stessa Meloni nelle urne del 25 settembre, e nei precedenti turni elettorali regionali o comunali.

Il rapporto privilegiato con la Lega da parte della presidente del Consiglio è tale da fare scrivere oggi a Claudio Tito su Repubblica di un “governo salvinizzato”. E da farlo apparire probabilmente  tale anche a Emmanuel Macron, spiazzato e irritato, prima ancora che dalla Meloni, dal trionfalistico annuncio di vittoria dato da Salvini all’annuncio della disponibilità dell’Eliseo a fare sbarcare per la prima volta in un porto francese  oltre 300 migranti soccorsi al largo delle coste africane da una nave del volontariato.

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