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Se l’incertezza normativa spaventa gli investitori

Giovanni Tria

“Un governo che non mantiene i patti e che cambia i contratti e le leggi crea seri problemi al paese e allontana gli investitori stranieri”. Lo sfogo del ministro dell’Economia Giovanni Tria

Cambiare le regole in corsa può far male a un paese e disincentivare gli investitori ad investire a lungo termine, contribuendo alla crescita economica. È quanto sta accadendo in Italia dove, dopo la stagione dei Nimby (Not in my back yard, ndr), stiamo assistendo alla stagione delle modifiche alle carte (normative) in tavola. In molti settori della vita economica italiana.

La denuncia più importante arriva niente meno che dal ministro dell’Economia Giovanni Tria, come riporta il Corriere della Sera: “Un governo che non mantiene i patti (a partire da quelli sottoscritti con la Francia sul Tav) e che cambia i contratti e le leggi crea seri problemi al paese e allontana gli investitori stranieri”. Lo sfogo di Tria è arrivato dagli studi di “Quarta Repubblica” su Rete 4, dai quali ha, di fatto, lanciato un monito ai colleghi di governo. “Il problema non è la Tav o l’analisi costi-benefici. Il problema è che nessuno verrà mai a investire in Italia se il paese mostra che un governo che cambia, non sta ai patti, cambia i contratti e le leggi e le rende retroattive. Questo è il punto principale”.

TAV, TRIVELLE E NON SOLO

Ma non è la Tav l’unico esempio di questa politica del cambio delle regole in corsa. Altro esempio recente è quello delle trivelle. La moratoria decisa dal governo nel Dl semplificazioni rischia non solo di privarci di importanti riserve di petrolio e gas che potremmo estrarre “a casa nostra” senza comprare materie prime sui costosi mercati internazionali, ma anche di trascinare lo Stato di fronte alla giustizia per una serie di cause miliardarie intentate dalle compagnie petrolifere, a richiesta dei danni per la sospensione delle attività di ricerca. Senza dimenticare i rischi per la filiera, l’occupazione del settore e la fuga di capitali e aziende straniere dal settore. Il caso italiano più eclatante è quello di Ombrina a mare: la compagnia petrolifera inglese Rockhopper ha chiesto allo Stato italiano un risarcimento corposo, da 160 milioni di euro milioni di euro per i mancati profitti e gli alti costi sostenuti in seguito al blocco del progetto. L’Italia, infatti, prima aveva sospeso per un anno il permesso di ricerca di cui era titolare l’azienda dell’Oil&gas inglese e poi rigettato, nel 2018, la richiesta di concessione a estrarre petrolio dal giacimento (scoperto 20 anni fa). Con la Legge di Stabilità 2016, infatti, si vietava la ricerca di idrocarburi entro le 12 miglia dalla costa. Ombrina Mare è stata costruita a 6 miglia dalla costa. Ed ora, l’azienda, come spiega in una nota, “sta considerando le sue opzioni rispetto all’ottenimento di compensazioni dal Governo per ciò che considera una violazione della Carta dell’Energia”.

INCERTEZZA NORMATIVA ANCHE NEL SETTORE GIOCHI

Un discorso simile si può fare anche nel settore dei giochi che rappresenta un altro ambito industriale che denuncia da tempo uno stato di continua incertezza normativa: la tassazione, ad esempio, è cambiata tre volte nell’arco di quatto mesi con tre ulteriori aumenti del Preu sulle AWP e due sulle VLT, e gli incrementi sulle scommesse e i giochi online previsti dal Decreto Dignità, dalla manovra 2019 e dal Decretone (in discussione in Parlamento in questi giorni). Naturalmente questo rende difficile elaborare un piano industriale per le aziende del comparto. A ciò si aggiunge la mancanza di un piano di riordino complessivo del settore annunciato già nel 2017 in Conferenza Stato-Regioni, e poi arenatosi. E il nuovo annuncio lo scorso anno del viceministro all’Economia Laura Castelli, che durante l’esame del Decreto Dignità dichiarava “Il Governo è intenzionato ad affrontare la tematica del gioco d’azzardo con un intervento normativo a carattere organico”. Intervento del quali ad oggi non c’è traccia. Nel frattempo però, Comuni e Regioni continuano a deliberare in materia (distanziometri, pubblicità e così via) con norme restrittive – a volte accolte dal Tar a volte no – che finiscono per portare a una importante riduzione della rete distributiva in concessione – al momento soprattutto in Piemonte che ha già adottato provvedimenti in tal senso, ma presto anche in Emilia-Romagna Puglia Toscana. Solo per fare un esempio, l’applicazione della legge regionale piemontese “comporterà licenziamenti da parte delle aziende di gioco legale in Piemonte per circa il 75% dei propri dipendenti: si prevede la messa in mobilità di circa 3.650 occupati”, a cui “vanno aggiunti 1.700 dipendenti delle società che gestiscono slot machine, per i quali le procedure di licenziamento sono già iniziate colpendo, al momento, oltre 200 lavoratori”, ha denunciato recentemente l’associazione Astro, inviando una lettera ai sindacati Filcams CGIL, Fisascat CISL e Uiltucs Piemonte. Insomma se anche qualcuno fosse seriamente interessato a investire, andando incontro alle richieste degli enti locali, non saprebbe a quale normative fare riferimento.

Con un ulteriore, perverso effetto: per chi fa impresa lo Stato italiano è un soggetto poco affidabile, troppo spesso incline a non rispettare i patti, che sono alla base dei contratti e delle reciproche prestazioni. In barba a quel vecchi adagio, che appare sempre più vecchio: “pacta sunt servanda”.

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