Un’altra settimana di alta tensione a Palazzo Madama, al centro la riforma fortemente voluta dal centrodestra
La riforma sulla separazione delle carriere dei magistrati sta accendendo il dibattito politico e parlamentare come poche altre in questa legislatura. Sul tavolo della commissione Affari Costituzionali del Senato ci sono oltre 1300 emendamenti, e i toni tra maggioranza e opposizione si sono fatti incandescenti. Martedì 27 maggio, la Giunta per il Regolamento del Senato – convocata dal presidente Ignazio La Russa – sarà chiamata a decidere se applicare o meno anche in commissione la cosiddetta tecnica del “canguro”: un metodo che consente di accorpare e quindi velocizzare il voto sugli emendamenti simili, di fatto riducendo drasticamente i tempi del dibattito.
IL GOVERNO TIRA DRITTO: “NON E’ UN GOLPE”. OPPOSIZIONI SUL PIEDE DU GUERRA
Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, è stato chiaro: “Andremo avanti in tutti i modi”, anche portando il testo in Aula senza il mandato del relatore, se necessario. Ciriani ha difeso l’iter della riforma, respingendo le accuse di autoritarismo: “Non stiamo facendo un golpe, stiamo riformando la magistratura con strumenti della Costituzione”. Secondo il ministro, l’ostruzionismo da parte del centrosinistra sta rallentando l’attuazione di un programma che – ribadisce – è stato legittimato dal voto popolare.
Per le opposizioni, invece, l’accelerazione impressa dal centrodestra alla riforma rappresenta uno “sfregio” alle regole democratiche. La deputata Pd Debora Serracchiani ha denunciato una gestione autoritaria dei lavori parlamentari: “Si tagliano tempi, audizioni, si usano le tagliole. E ora, su una riforma costituzionale, si vuole usare il ‘canguro’ in Commissione. È inaccettabile”. Anche il Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra si sono uniti nella richiesta di un intervento chiarificatore da parte di La Russa, mentre la tensione in commissione è salita a livelli che, secondo alcuni presenti, hanno “sfiorato lo scontro fisico”.
L’ANM SI OPPONE: “RIFORMA INEFFICACE E PERICOLOSA”
Fuori dal Parlamento il fronte del dissenso è guidato dall’Anm. Il presidente Cesare Parodi ha ribadito il “dissenso assoluto” della categoria: “Questa riforma non giova all’efficienza della giustizia” ha detto a Palermo, durante il Comitato direttivo dell’Associazione. E ha lanciato un monito: se dovesse essere vietato ai magistrati di esprimersi pubblicamente su questi temi, lui stesso si autodenuncerà al Csm. “Difendiamo principi, non ideologie” ha detto, avvertendo che eventuali sanzioni disciplinari contro chi prende parola sarebbero un attacco alla libertà di espressione.
UNA RIFORMA AL BIVIO TRA FORZATURE E REFERENDUM
Con l’ipotesi di un’approvazione anche senza mandato al relatore e con l’uso del “canguro” in commissione, la riforma della giustizia ha tutto il sapore di un nuovo terreno di scontro istituzionale e politico. E se il Parlamento non sarà in grado di trovare una mediazione, l’opposizione – come annunciato dalla stessa Serracchiani – è pronta a portare la battaglia anche sul piano referendario. A quel punto, saranno i cittadini a pronunciarsi.