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Silenzi e timidezze sulla morte del craxiano Ugo Intini

Intini

Perché solo pochi giornali, con poco spazio, hanno ricordato Ugo Intini, il più stretto collaboratore di Bettino Craxi. I Graffi di Damato

Un’ulteriore conferma di quanto sia duro a morire l’anticraxismo 24 anni dopo la morte del leader socialista -rifugiatosi in Tunisia per proteggere la sua libertà, equivalente per lui alla vita, dal carcere al quale l’avevano destinato in Italia gli avversari come capro espiatorio del finanziamento illegale di cui avevano a lungo vissuto  tutti i partiti, di governo e di opposizione-  si è avuta col trattamento riservato dai giornali alla morte di Ugo Intini.

Che di Craxi fu il più stretto collaboratore, fra i dirigenti socialisti, nella restituzione del Psi all’autonomia dal Pci dopo che il segretario Francesco De Martino aveva rotto con la Dc- quella non di un esponente di destra ma di Benigno Zaccagnini alla segreteria e di Aldo Moro alla presidenza del Consigilio e del partito- dichiarando che mai più l’avrebbe riportato al governo senza la partecipazione o l’appoggio dei comunisti. Eramo seguite le elezioni politiche anticipate del 1976 col Psi ridotto al minimo storico.

Per leggere di Intini e della sua lunga attività politica i lettori  hanno dovuto sfogliare i giornali sino alle pagine più interne. Uno spazio in prima è stato -non so se più eroicamente o ereticamente-  trovato solo dal Foglio di Giuliano Ferrara, dall’Unità rianimata da Piero Sansonetti e, con modesti richiami, dal Giornale, che ha ospitato Luca Josi, altro fedelissimo di Craxi, e dal genovese Secolo XIX per ragioni, diciamo così, rigorosamente locali, essendo Ugo rimasto “integro e amico della Liguria”. Che  lo elesse tante volte al Parlamento.

Giuliano Ferrara sul Foglio ha ricordato di Intini “la testa di turco di ogni polemica” che fu “quando non era consigliabile prendersela direttamente con Craxi” e il suo modo “gentile, sorridente, acuminato nello scrivere polemico”, considerandosi “al servizio del socialismo autonomista, dunque di Bettino Craxi, disciplinato e zelante ma senza essere mai un servo”. “Non ne aveva bisogno, non ne aveva voglia, gli piaceva la politica, coltivava la partigianeria, con una punta di genuina faziosità unita a una leggendaria timidezza”, ha aggiunto il fondatore del Foglio sotto il solito e sobrio titolo chi muore: “Ugo Intini (1941-2024).

Sulla prima pagina dell’Unità Piero Sansonetti ha lasciato ricordare Intini, sotto il titolo della “coerenza di un socialista di ferro” da Enzo Maraio, il segretario del Psi bonsay che è rimasto nell’anagrafe politica italiana. Ma Sansonetti ha voluto aggiungere di suo, all’interno del giornale, una toccante e vigorosa testimoianza sotto il titolo.” Caro compagno, caro nemico”.

“Posso garantirvi, ora che è morto. Intini -ha scritto Piero- era un compagno. Ed era una persona serissima. Uno di quelli che amava la politica perché la politica era politica, non perché era potere. Una delle persone che immaginava che per combattere le battaglie politiche bisognasse pensare, studiare, giudicare e scegliere. Sapeva scegliere. Secondo me molte volte sbagliava. Poi, chissà: magari sbagliavo io”.

– Leggi qui tutti i Graffi di Damato

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