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Stelle cadenti: con la scusa del secondo mandato arriva il repulisti di Grillo

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I Graffi di Damato

Il dramma dei grillini -ma non di Beppe Grillo, che li ha fregati tutti producendo un altro spettacolo dei suoi senza dover neppure pagare l’affitto di un teatro- sta tutto in una foto e in un telefonino.

La foto è quella scattata in un androne durante l’ultima e infausta missione di Grillo a Roma in veste di “garante” del MoVimento 5 Stelle: una missione che doveva essere d’ordine, ma si ridusse in disordine, per cercare inutilmente di mettere nella testa dei suoi che non si potesse provocare la crisi del governo Draghi per un inceneritore a Roma, sommersa dai rifiuti destinati ai cinghiali.

Conte e Grillo, nell’immagine, sorridono ostentando amicizia, simpatia, allegria e quant’altro. Ma il sorriso di Grillo è rivolto ad altri fuori scena, cui sembra voler dire che l’altro non ha capito niente di quello che gli sta capitando. E gli è in effetti capitato: una mezza decapitazione, scusate il bisticcio di parole. Non è esagerato il titolo riservato oggi dal Riformista al divieto imposto dal comico alle deroghe già promesse da Conte come presidente del MoVimento ai “grandi” -si fa per dire- arrivati al capolinea statutario del secondo mandato: “Grillo accantona Conte e riprende il comando”. Si vedrà poi per farne che cosa.

Il telefonino è quello dello stesso Conte, che -secondo cronache sinora non smentite- ha chiamato una per una le vittime di Grillo per consolarle, assicurare di “avercela messa tutta” per evitare l’accaduto e chiedere, testuale: “Ce l’hai una professione? In che modo posso aiutarti?”. Domande che dimostrano l’improvvisazione del movimento attorno alla cui “centralità” ha ruotato quasi per intero la legislatura uscita nel 2018 dalle urne. Domande alle quali una vignetta che ho visto non ricordo più dove ha attribuito a Luigi Di Maio il merito di essersi personalmente sottratto con qualche anticipo promuovendo la scissione – che è in fondo all’origine vera della crisi governativa e dello scioglimento anticipato delle Camere- e cercando di tornare in Parlamento grazie a qualche passaggio, in autostop.

Immagino la faccia e le parole della vice presidente romana del Senato al telefono con Conte, Paola Taverna, se davvero chiamata: lei, abituata a “sfonnare” l’indesiderato di turno. Che nel 2013 fu addirittura Silvio Berlusconi, praticamente espulso dal Senato, appunto, a scrutinio palese imposto dall’allora presidente dell’assemblea Pietro Grasso in applicazione retroattiva della cosiddetta legge Severino dopo una condanna definitiva per frode fiscale: lui, a sua volta, sempre il Cavaliere, tra i maggiori, se non il maggiore contribuente italiano.

Poiché c’è spesso qualche eroe, o almeno scampato, ad un dramma, non può stupire la notizia data dal Foglio a proposito dell’ex guardasigilli Alfonso Bonafede, con due mandati sulle spalle, e in più la responsabilità di avere portato Conte nel movimento e a Palazzo Chigi, sino al trauma della sostituzione con Mario Draghi.

Bonafede -ha raccontato Il Foglio– si è già rimesso a fare l’avvocato a Firenze. Solo che prima di essere stato Guardasigilli al massimo si opponeva alle multe dei vigili urbani. Ora invece ha uno studio megalattico con doppia sede, a Firenze e a Milano. Come diceva Longanesi: cercava la rivoluzione e trovò l’agiatezza”.

Tra gli sconfitti o vittime di Grillo c’è anche Marco Travaglio. Che, per carità, non ha perduto né Il Fatto Quotidiano né la direzione, tanto da aver fatto subito consolare Conte con la solita intervista in prima pagina a favore del suo terzo polo “giusto e aperto alla società civile”. Ma non più tardi di ieri lo stesso Travaglio concludeva il suo editoriale dedicato alle vicende pentastellate scrivendo: “Conte corre da solo con i 5Stelle. E Grillo, dopo 18 mesi di impegno indefesso per affossarli, pare minacci di fare finalmente qualcosa per loro: andarsene”. Dal sarcasmo al peccato di disinformazione, o di presunzione, come preferite.

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